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Usa: Russiagate, Whitaker alla giustizia anti-Mueller

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/11/2018

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E’ messo lì per tappare un buco, perché James Sessions, il segretario alla Giustizia più bistrattato dal suo presidente nella storia dell’Unione, mercoledì sera s’è dimesso su richiesta, o meglio ingiunzione di Donald Trump, che non vedeva l’ora di cacciarlo con il suo iconico ‘You’re fired’. Ma Matthew G. Whitaker, 49 anni, potrebbe pure restarci, su una delle poltrone più scomode dell’Amministrazione Trump, se farà bene il ‘lavoro sporco’ che il presidente potrebbe chiedergli.

Whitaker sovrintende ora all’inchiesta sul Russiagate, l’intreccio di contatti tra la campagna Trump ed esponenti del Cremlino: l’indagine, condotta dal procuratore speciale Robert Mueller, rischia di condurre il presidente all’ ‘impeachment’, specie adesso che, dopo il voto di midterm, i democratici controllano la Camera. E’, infatti, la Camera che decide se mettere sotto accusa il presidente, mentre è il Senato che pronuncia il verdetto.

Scomodo, ma ambito il posto che fu di Sessions e che ora è di Whitaker. Infatti, già circolano nomi di aspiranti a occuparlo in pianta stabile: l’ex governatore del New Jersey Chris Christie, candidato di professione – alla nomination repubblicana e poi a tutti i posti dell’Amministrazione Trump, senza riuscire ad acchiapparne nessuno – e il ministro della Giustizia della Florida Pamela Bondi.

Quasi impossibile invece che tocchi a Rudolph Giuliani, il sindaco di New York dell’11 Settembre, lo sceriffo che, da capo della polizia, ristabilì nella Grande Mela ‘Law and Order’. Anche Giuliani ha fatto per qualche mese il candidato professionista, ma ora è a capo del team di legali di Trump: nominarlo segretario alla Giustizia suonerebbe conflitto d’interessi e desterebbe malumori e malesseri nel Congresso, anche fra i repubblicani.

Ma pure Christie e la Bondi rischiano d’incontrare ostacoli per la conferma della nomina in Senato, a partire dalla vicinanza troppo stretta con il presidente. Christie, 56 anni, guidò il ‘transition team’ dopo l’elezione di Trump; ed è stato coinvolto in diversi scandali nell’ultima fase del suo mandato di governatore del New Jersey. La Bondi, 52 anni, acquisì notorietà per i soldi, almeno 25 mila dollari, ricevuti in regalo dalla Fondazione Trump durante la campagna 2016 per la sua rielezione.

Whitaker, invece, non ha scheletri nell’armadio o – almeno – nessuno glieli ha ancora cercati e scoperti: 49 anni appena compiuti, è laureato in legge ed era il capo di gabinetto di Sessions – è quindi aggiornato su tutte le pratiche che il ministero sta gestendo -. In un articolo di settembre, quando il destino di Sessions era già segnato, il New York Times lo descrive come “leale” a Trump: un visitatore “frequente” dello Studio Ovale, con “un buon rapporto” con il magnate presidente.

Testa rasata a zero e vaga somiglianza con Walter Zenga, una passione per il football (americano), il segretario alla Giustizia ‘ad interim’ aveva già lavorato per il Dipartimento dal 2004 al 2009, quand’era presidente George W. Bush, come procuratore federale nel Southern District dello Iowa, il suo Stato, e aveva poi esercitato la professione di avvocato e fatto l’uomo d’affari. The Guardian ricorda che Whitaker era fra i consulenti della World Patent Marketing, una società accusata d’avere truffato milioni di dollari agli aspiranti inventori suoi clienti e che, a maggio, è stata condannata a pagare indennizzi per 26 milioni di dollari.

Il neo-ministro non è estraneo alla politica: nel 2014, corse alle primarie repubblicane per un seggio di senatore dello Iowa, ma fu sconfitto.

A Whitaker deve ora riferire il procuratore Mueller, che fino a ieri faceva capo al vice di Sessions, Rod Rosenstein, perché il segretario s’era ‘chiamato fuori’ dal Russiagate – una mossa che Trump non gli ha mai perdonato -. Per il momento, Rosenstein, un altro che il presidente non può soffrire, resta al suo posto, ma ‘depotenziato’.

I democratici hanno già chiesto che Whitaker si ricusi dal ruolo, segnalando conflitti d’interesse potenziali. Nancy Pelosi, leader dell’opposizione alla Camera, denuncia “un tentativo d’insabbiare il Russiagate”. Nel 2017, poco prima di tornare a lavorare per il Dipartimento della Giustizia, Whitaker scrisse un articolo in cui sosteneva che l’inchiesta di Mueller stava andando “troppo lontano”, definendola “un linciaggio”. Per Whitaker, la nomina di un procuratore indipendente è “un codardo tentativo di segnare punti politici con poco sforzo”.

Fiutando l’aria, il team di Mueller avrebbe già iniziato a stilare il rapporto finale dell’inchiesta, rimasta nel limbo durante la campagna per le elezioni di midterm. Secondo una fonte della Cnn “vicina alle indagini”, le dimissioni di Sessions indurrebbero Mueller a stringere i tempi, prima d’essere a sua volta “vittima” del magnate.

Mentre a Washington è tempesta sul Russiagate, Mosca insiste a tenersene fuori ed a sostenere che la storia non la tocca: “Questa indagine è un mal di testa delle nostre controparti americane e non ha assolutamente nulla a che vedere con noi”, dice il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. Che, però, non è tenero con il lavoro di Mueller: “Quanto prodotto finora non resiste a critiche serie”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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