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Usa: midterm, Camera 1 – Senato 1 un falso pareggio

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 08/11/2018

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Finisce 1 a 1, la Camera ai democratici e il Senato ai repubblicani; ed è un pareggio. Ma, poiché sotto sotto i democratici speravano nel 2 a 0, e i repubblicani lo temevano, l’impressione è che Donald Trump abbia fatto il colpaccio in una partita che, prima che lui scendesse in campo, pareva persa. E, in fondo, è così.

Con il voto di midterm, rispetto alle presidenziali del 2016, l’America della speranza non è tornata: resta una Trumpland impaurita, incattivita, chiusa in se stessa. Dalle urne, escono, però, frammenti di speranza, con l’affluenza molto alta – 113 milioni di votanti, il 49% degli aventi diritto, mai sopra i cento milioni in passato, a parte le presidenziali -. C’è la diversità delle vittorie delle donne, le prime musulmane al Congresso, la prima nativa americana, la più giovane mai eletta. Passa pure, in Colorado, il primo governatore apertamente gay, mentre viene sconfitta, nel Vermont, che rielegge suo senatore Bernie Sanders, la prima candidata governatore transgender. Confermata, fra le icone democratiche, Elizabeth Warren, la sceriffa di Wall Street, nel Massachussetts.

Alla Camera, i seggi già assegnati sono 414 su 435, i democratici ne hanno 220 – la maggioranza è 2018 – e viaggiano verso quota 430 e i repubblicani 194, avendone persi 27. Al Senato, i seggi già assegnati sono 96 su 100, i repubblicani ne hanno 51 e ne hanno guadagnati due, i democratici 45. Restano aperte cose molto serrate o dove ci sono ricorsi; in almeno un caso, nel Mississippi, ci sarà un ballottaggio, il 27 novembre.

La mappa dei governatori s’è nettamente riequilibrata a vantaggio dei democratici: con tre Stati da assegnare, i democratici ne hanno 22 – sette in più – e i repubblicani 25.

Al numero record di donne candidate – 237 alla Camera -, corrisponde il record delle elette: almeno 99 saranno deputate – il primato era 84 -.

I democratici riconquistano la Camera dopo otto anni, ma la loro avanzata non è uno tsunami e neppure quella ‘onda blu’ ripetutamente annunciata nei proclami della vigilia; al massimo, una modesta marea, un’ “increspatura” dice ironica la portavoce della Casa Bianca Sara Huckabee Sanders. I democratici perdono tre corse simbolo, dove sono impegnati loro astri nascenti: in Texas, Beto O’Rourke viene sconfitto dal senatore in carica Ted Cruz, che nel 2016 contese la nomination a Trump; Andrew Gillum in Florida e Stacey Abrams in Georgia falliscono l’obiettivo di diventare governatori, i primi neri nei rispettivi Stati.

Ma c’è pure chi riesce in una ‘missione impossibile’: il collegio 7 della Virginia, che è Richmond, la capitale, era appannaggio dei repubblicani dal 1970, ma l’ex agente Cia Abigail Spanberger riesce a infiammare gli elettori progressisti e batte di pochissimo il repubblicano in carica David Brat.

Trump, prima di spegnere la Fox e andare a dormire, martedì notte, twitta: “Grandissimo successo, grazie a tutti”. Non è vero, è un’esagerazione, come tutto quel che il magnate dice o fa. Il presidente fa persino una telefonata non dovuta di congratulazioni alla leader dei democratici alla Camera, Nancy Pelosi, che s’affanna a difendere la sua leadership nel suo partito: prove di dialogo?, o presa in giro? Quando si risveglia, Trump è in buona: “Ho vinto io, ho fermato l’onda blu, contro i media e i miei consiglieri, che volevano parlassi di economia, mentre io parlavo d’immigrazione. Ma ora collaboriamo”.

Fra i volti simbolo di questo voto, e della nuova mappa del potere americana, ci sono quattro donne democratiche – tutte alla Camera – e un governatore repubblicano. Alessandria Ocasio-Cortez diventa, a 29 anni, la donna più giovane mai eletta al Congresso – sta ancora pagandosi il prestito per l’Università -: per lei, il difficile era stato vincere le primarie, contro un deputato ben quotato, Joseph Crowley; il voto è una formalità, perché il Bronx è democratico. Esce dall’avventura 2016 ‘sanderista’ e ha un futuro, ma, per lei, il 2020 arriva troppo presto.

Sharice Davids, avvocato, 38 anni, strappa un seggio in Kansas ai repubblicani e diventa la prima nativa americana Lgbt eletta al Congresso. Rashida Tlaib, figlia di immigrati dalla Palestina, eletta nel Michigan, e Ilhan Omar, di origini somale, eletta nel Minnesota, sono le prime due musulmane sul Campidoglio: Ilhan è una rifugiata africana, intende indossare l’hijab al Congresso e diventare “il peggior incubo di Donald Trump”.

Brian Kemp, 55 anni, il nuovo governatore della Georgia, battendo la Abrams, è, invece, un cocco del presidente: ce l’ha coi migranti e fa spot che paiono estratti da Mississippi Burning.

Infine, una curiosità: nella ridda di referendum a corredo del midterm, in Alabama e West Virginia passano emendamenti costituzionali che limitano il diritto all’aborto.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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