La sceneggiata del 30 luglio alla Casa Bianca tra il presidente Usa Donald Trump ed il presidente del Consiglio Giuseppe Conte frutta all’Italia l’esenzione dalle sanzioni all’Iran, nel segno dell’appartenenza comune all’internazionale populista e anti-migranti. Dei Paesi europei, oltre all’Italia, Trump grazia solo – e chissà poi perché – la Grecia, mentre bacchetta Gran Bretagna, Francia, Germania, i tre garanti dell’accordo sul nucleare con Teheran contestato, e tutti gli altri.
La lista degli otto Paesi esentati comprende Cina e India, Taiwan, Giappone e Corea del Sud e Turchia, il cui presidente Erdogan non esita tuttavia a giudicare le sanzioni “illogiche e ingiuste”: l’Iran è partner di Ankara e Mosca nel conflitto in Siria e nella spartizione del territorio in aree d’influenza. L’eccezione fatta dagli Usa riguarda “Paesi che hanno già ridotto significativamente l’import di greggio dall’Iran e hanno bisogno di un po’più di tempo per scendere a zero”, recita il Dipartimento di Stato.
L’Italia e gli altri sette potranno temporaneamente continuare a importare petrolio dall’Iran, ma solo per sei mesi, spiegano i segretari di Stato Mike Pompeo e al Tesoro Steve Mnuchin. L’Italia non ha dunque ‘pagato pegno’ per eccesso di vicinanza al presidente russo Vladimir Putin, come qualcuno ipotizzava, ma potrebbe però giocarsi la benevolenza degli americani se cercasse di trarre profitto dalla situazione.
L’interscambio 2017 Italia-Iran valeva oltre cinque miliardi di euro, di cui 1.700 milioni d’export e quasi 3.400 d’import. Rispetto al 2016, con l’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare e l’allentamento delle sanzioni, l’intercambio era più che raddoppiato, con un aumento del 12,5% dell’export e addirittura del 220,8% dell’import. L’Italia vende all’Iran soprattutto macchinari, mentre ne importa essenzialmente petrolio (quasi tre miliardi di euro).
L’entrata in vigore delle sanzioni anti-iraniane, “le più dure mai imposte”, si faceva un vanto Trump, nei comizi delle ultime battute della campagna elettorale per il voto di midterm – oggi, negli Usa -, ha già avuto un’eco rabbiosa in Iran, con le manifestazioni anti-americane di domenica, nell’anniversario della presa di ostaggi nel 1979 all’ambasciata degli Usa a Teheran.
E se Israele ringrazia Trump, perché “l’azione dell’Iran in Siria rappresenta un pericolo esistenziale” per lo Stato ebraico, Mosca vede nella mossa di Washington “intimidazione e ricatto”. Di sicuro, l’inasprimento delle tensioni non giova alla pace e alla sicurezza in Medio Oriente: in Libano, Hezbollah, vicino all’Iran, irrigidisce le posizioni nel negoziato per formare il nuovo governo.
Confermando la reintroduzione di tutte le sanzioni congelate da Barack Obama, nonostante l’Iran non abbia mai violato l’accordo del 2015, Pompeo afferma: “Finché l’Iran non farà i cambiamenti che abbiamo più volte indicato saremo inflessibili nell’esercitare pressione sul regime”: le misure colpiscono, fra gli altri, i settori dell’energia, dei trasporti, della cantieristica e delle banche.
Il presidente iraniano Hassan Rohani replica: “Siamo in una situazione di guerra economica. Penso che nella storia americana non ci sia mai stato nessuno alla Casa Bianca che abbia violato il diritto e le convenzioni internazionali a tal punto … Aggireremo queste sanzioni illegali e ingiuste … L’Iran saprà vendere e venderà il suo petrolio”, nonostante il tentativo degli Usa di ridurne l’export a zero. E il ministro degli Esteri di Teheran Javad Zarif dice che “il bullismo” degli Usa “li isolerà”.
In coincidenza con il ripristino delle sanzioni, le forze aeree dell’esercito iraniano e dei Pasdaran hanno organizzato una maxi-esercitazione militare di due giorni su una vasta area del Paese, impiegando – è stato precisato – solo sistemi d’arma di produzione nazionale.