Da Panatta 1976 a Federer 2018, campioni diversi, mondi diversi. C’è chi, nel 1976, accettava di andare a giocare nella Santiago del Cile di Pinochet, nello stadio che era stato prigione e luogo di tortura, per portare in Italia la Coppa Davis: era l’Italia di Pietrangeli capitano e Panatta, Bertolucci, Barazzutti giocatori. E c’è chi, nel 1980, rifiutava d’andare a giocare a Johannesburg in Sud Africa la rivincita d’una finale di Wimbledon entrata nella leggenda per non dare l’impressione di sostenere il regime dell’apartheid: due grandi campioni e due uomini tosti, diversissimi fra di loro, John McEnroe e Bjorn Borg, dissero no, rinunciando ciascuno a un milione di dollari – che allora valeva più di adesso -.
Ora, la storia si ripete, ma mescola le carte: tre campioni e un Paese, l’Arabia saudita, che cerca rimedio ai danni d’immagine derivanti dall’omicidio, nel consolato di Istanbul, d’un oppositore, l’editorialista del Washington Post Jamal Khashoggi. Roger Federer, Novak Djokovic e Rafa Nadal, il meglio e la storia del tennis nel XXI Secolo, sono stati tutti e tre contattati per giocare match d’esibizione al King Abdullah Sports City di Gedda il 22 dicembre.
Federer – si sa – ha respinto l’invito, senza troppo argomentare e senza fare proclami: “Sono stato contattato, sì. Perché ho rifiutato? Perché non voglio giocare. Va bene così. Mi piace giocare. Ma sono felice di fare altre cose e non voglio giocare lì in questo momento… Ho deciso in fretta”, sono le frasi che gli attribuisce il Daily Mail. Djokovic nicchia: “Me l’hanno chiesto, ne stiamo parlando, nulla è stato ancora deciso”. Nadal non si espone
L’offerta milionaria risale a più o meno un anno fa e, quindi, il progetto tennistico non è connesso all’omicidio Khashoggi. Ma quanto accaduto a Istanbul il 2 ottobre, non ancora pienamente elucidato dalle autorità saudite, allunga un’ombra propagandistica sull’evento sportivo.
Con il suo rifiuto, che, magari, alla fine, se non altro per ragioni d’immagine, contagerà anche Djokovic e Nadal, Federer dà una lezione ai politici e agli uomini d’affari che, a ottobre, sono andati come se niente fosse alla ‘Davos del deserto’, un seminario economico in Arabia saudita.