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Usa: midterm, scia di bombe anti-democratici sul voto

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/10/2018

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Una scia di bombe e la mano di uno, o più, terroristi sulle elezioni di midterm negli Stati Uniti – si vota il 6 novembre -. Ordigni inviati a Barack Obama, a Hillary e Bill Clinton, a George Soros sono stati intercettati prima che esplodessero. Un plico sospetto è stato recapitato anche alla Cnn, la cui sede di New York è stata evacuata – e la scena è andata in diretta -: la busta era per John Brennan, ex capo della Cia.

Secondo il Secret Service, la polizia che si occupa della sicurezza di presidenti ed ex presidenti e che conduce le indagini con l’Fbi, l’autore degli attacchi è la stessa persona, o lo stesso gruppo. Controlli sono in corso in tutta l’Unione: giunge notizia di ordigni inviati al governatore dello Stato di New York Andy Cuomo, all’ex ministro della giustizia di Obama, Eric Holder, alla senatrice della California Kamala Harris – una democratica per Usa 2020 -.

Alla Cnn, e forse altrove, sarebbero pure state rinvenute buste con una polvere bianca, che, nell’immaginario statunitense, evoca gli attacchi al carbonchio – letali – del 2001. Ma gli inquirenti assicurano che nessuno, in questa circostanza, è rimasto ferito o ha corso rischi. L’allerta è comunque altissima, specie a New York, dove domenica si corre la maratona.

A Obama e alla Clinton, le bombe sono arrivate per posta, ai loro uffici. Quella per Soros è stata recapitata nella residenza del miliardario filantropo, nello Stato di New York: Soros, grande donatore democratico, è quotidianamente accusato da sovranisti europei e suprematisti americani dei peggiori misfatti ed è additato dalla destra e dai ‘trumpiani’ come ‘organizzatore’ della carovana di migranti che, dall’Honduras, attraverso il Messico, si dirige verso gli Stati Uniti.

L’ordigno per Obama era nella posta ricevuta ieri mattina nell’ufficio che l’ex presidente mantiene a Washington. Quello per i Clinton è stato trovato martedì sera, nell’ufficio che Hillary e Bill hanno nella loro residenza a Chappaqua, una località nello Stato di New York.

La Casa Bianca ha subito condannato l’accaduto – “atti ignobili” -; il presidente Donald Trump avalla il giudizio del suo vice Mike Pence – “un’azione codarda” -. Non è chiaro se le bombe potevano davvero esplodere e che potenziale avessero, né come siano stati individuati ed eventualmente disinnescati.

L’episodio fa salire la tensione del voto di midterm del 6 novembre, che il presidente Trump teneva già alta del suo, inasprendo le posizioni internazionali degli Stati Uniti – da ultimo, con l’annuncio dell’uscita dal Trattato Inf -, minacciando la carovana dei migranti e i Paesi di provenienza – oltre all’Honduras, il Guatemala -, vantandosi di essere “un nazionalista” – termine fin qui sempre connotato negativamente, nella politica americana – e rimbrottando platealmente il governatore della Federal Reserve Jerome Powell, da lui scelto, ma definito, in un’intervista al Wall Street Journal “una minaccia” per la crescita dell’economia americana”: “Sono scontento, molto scontento con la Fed, perché Obama aveva tassi di interesse pari allo zero e, invece, ogni volta che noi facciamo qualcosa di grande, la banca centrale alza i tassi”.

Il sindaco di New York Bill De Blasio e il governatore Cuomo lo invitano ad “abbassare i toni”, a “non incoraggiare la violenza, l’odio, le divisioni e gli attacchi ai media”.

Tra ordigni inesplosi e ‘scoppi’ presidenziali, il rialzo della tensione s’accompagna – si direbbe – ad un rialzo dell’interesse per le elezioni: oltre sette milioni di americani hanno già votato, soprattutto – pare – repubblicani, profittando delle procedure che consentono di farlo in anticipo. Il New York Times è molto prudente nel valutare il fenomeno, ma cita il sindaco di Chicago Emanuel Rahm, obamiamo di ferro, che pronostica “un’andata democratica e una risacca repubblicana”. Un auspicio più che una previsione.

La campagna è aspra: candidati che s’insultano a New York, che si lanciano epiteti in Georgia, che spendono somme record per un seggio da governatore in Illinois; le bombe per posta la suggellano. Trump è molto attivo, ma non tutti i candidati repubblicani apprezzano il suo appoggio: in Texas, a un suo comizio c’erano il senatore Ted Cruz, suo rivale per la nomination repubblicana, e il governatore Greg Abbott, ma il deputato John Culberson, eletto in un collegio di gente ricca e moderata, non s’è fatto vedere.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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