Quasi ogni giorno, un nome s’aggiunge all’elenco di quanti hanno lasciato o stanno per lasciare Donald Trump, perché li caccia o perché se ne vanno. Ma se c’era una su cui scommettere che sarebbe rimasta accanto al presidente fino alla fine del mandato, era Nikki Haley, l’ambasciatrice degli Usa all’Onu. Partita da posizioni critiche sul candidato Trump, la Haley aveva poi virato ed era stata una delle prime scelte del magnate presidente, entrando rapidamente nel cerchio magico e difendendone con vigore le posizioni apparentemente indifendibili, quando non contraddittorie, sulla Corea, l’Iran, il Medio Oriente, le sanzioni, il clima. Così vicini, lei e Donald, che un volo sull’AirForceOne fece nascere chiacchiere.
E, invece, la Haley, 46 anni, origini indiane, ex governatrice della South Carolina, lascia, di punto in bianco. Apparentemente, tutto avviene senza scosse: la conferenza stampa di commiato è tutta miele, anche se la notizia giunge come un fulmine a ciel sereno: i media, che scrutano sempre chi sarà il prossimo cacciato dal presidente Trump, non ne avevano sentore.
Vestito color malva, la sua tinta preferita, l’ambasciatrice viene ricevuta nello Studio Ovale a metà mattina. Segue una dichiarazione congiunta, il presidente e “la mia amica”: il momento è ben scelto, la fase cruciale dell’Assemblea generale delle Nazioni unite è passata, l’Onu non è sotto i riflettori. Trump dice di aver accettato le dimissioni della Haley, che lascerà “a fine anno”: il successore sarà designato nel giro di poche settimana, forse prima del voto di midterm il 6 novembre – ma la scelta non ha valenza elettorale -.
In corsa, è la voce che corre, ci sarebbe Ivanka Trump, la ‘prima figlia’, consigliere del presidente. Se la scelta non sarà nepotistica, potrebbe cadere su Dina Powell, già vice alla Sicurezza nazionale ed amica della Haley, o sull’ambasciatore a Berlino Richard Grenell, un esperto di Onu.
Naturalmente, Nikki, uscendo di scena all’improvviso, crea un vortice di voci. Lei assicura che non correrà per la Casa Bianca nel 2020 e che farà ancora campagna per Trump: “Non ho deciso nulla su cosa farò … Non ci sono ragioni personali, ma bisogna capire quand’è il momento di lasciare e consentire una rotazione” nell’Amministrazione. Di volersi prendere una pausa, a Trump l’aveva già preannunciato sei mesi fa.
Certo, il farsi da parte oggi la mette in una posizione ideale: se Trump resterà sulla cresta dell’onda potrà appoggiarlo e, in caso di rielezione, ambire, magari, a fare il segretario di Stato; se, invece, Trump dovesse inciampare in qualche ostacolo, allora Nikki potrebbe aspirare alla nomination repubblicana, avendo messo un’intercapedine di qualche mese tra sé e il magnate presidente.
Che la riempie di complimenti: “Nikki Haley ha fatto diventare la posizione di ambasciatore Usa all’Onu più glamour e più importante” di quel che pareva due anni or sono, è stata “fantastica” e, se vorrà rientrare, ci sarò sempre un posto per lei nella sua Amministrazione. “Odio perderla, ma spero che tornerà”. La Haley ricambia: è stato “un onore” essere l’ambasciatrice al Palazzo di Vetro.
Frasi di circostanza, probabilmente sincere, da parte di Trump, che non ha certo il garbo nelle sue note caratteristiche. Lei, sposta, due figli, gli è stata politicamente ‘fedele’, senza però appiattirsi sulle posizioni ‘trumpiane’, specie quando c’era di mezzo il rispetto delle donne – altra dote non precipua del presidente -.
All’Onu, Israele rende omaggio all’alleata che lascia, l’Iran non piange la nemica che se ne va. Trump ribadisce il suo mantra: prima o poi, a forza di sanzioni, Teheran farà “un vero accordo” (oppure, una vera bomba). Il presidente affronta sulla cresta dell’onda le ultime quattro settimane della campagna per il voto di midterm: può capitalizzare politicamente la conferma della nomina del giudice Kavanaugh alla Corte suprema e i dati dell’economia, che va forte. Salvo crisi e/o dazi, la politica estera può attendere.