C’è uno che dice le cose sbagliate e le fa; e c’è uno che dice le cose giuste, ma poi non le fa. Evoca ricordi e suscita paure l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, al Palazzo di Vetro dell’ Onu a New York, che nelle sue prime battute propone i discorsi dei presidenti americano Donald Trump e francese Emmanuel Macron.
Provocatoriamente Trump sceglie il tempio del multilateralismo per diffondere il suo manifesto del sovranismo: “Sovranisti di tutto il Mondo (dis)unitevi!”, chiusi dentro i muri eretti a protezione delle Nazioni, determinati a dire no a globalismo e a integrazioni regionali o trasversali. Ciascuno per sé e gli Stati Uniti, che sono i più forti, su tutti. Macron gli risponde elogiando il multilateralismo, la cooperazione, l’integrazione: roba da alzarsi dallo scranno da delegato per andare ad abbracciarlo, non fosse che in quelle stesse ore la Francia traccheggia con i migranti dell’Aquarius nel Mediterraneo.
L’americano parla con un distacco affettato, dove c’è tutta la sua spocchia. Il francese ci mette foga e passione: gli applausi lo gratificano. Invece, come se tutti i delegati fossero indiani metropolitani degli Anni Settanta, Trump viene beffardamente sommerso da una contagiosa risata, mentre sta incensandosi d’elogi iperbolici. Il presidente parlava per la seconda volta al Palazzo di Vetro: l’anno scorso furono strali e minacce; quest’anno, pure – contro l’Iran soprattutto, ma ce n’è per Venezuela, Cina, Germania, mentre Europa e Russia non sono neppure degne di citazione -. La fotografia che Trump fa del Mondo all’ Onu è un negativo: il bianco diventa nero, il nero bianco.
Il motivo conduttore di questa sessione si delinea essere il confronto fra sovranismi e autoritarismi – Trump, Erdogan, al-Sisi &Co. – e multilateralismi e democrazie vecchio stampo. Il premier Giuseppe Conte cerca di collocare l’Italia in mezzo, dove, in questo caso, non sta la virtù, ma inclina a strizzare l’occhio alle fanfaronate populiste.
La risata che diventa la colonna sonora del discorso di Trump, mai interrotto da applausi, ricorda agli italiani i sorrisini di compatimento di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel nei confronti di Silvio Berlusconi, poco prima della spallata al governo del 2011. Ma lì erano i potenti che irridevano al partner in difficoltà. All’ Onu sono i paria del Mondo a ridere del potente.
La contrapposizione Trump/Macron ha piuttosto evocato un’altra scena. Febbraio 2003, il segretario di Stato Usa Colin Powell presenta al Consiglio di Sicurezza in seduta allargata le prove che l’Iraq possiede armi di distruzione di massa e va fermato prima che le usi: Powell parla in un silenzio di gelo. Poi, il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin interviene in difesa della pace e il suo discorso è ritmato da applausi scroscianti. Un mese dopo l’invasione dell’Iraq sprofondava il Mondo in un conflitto ingiusto – le armi di distruzione di massa non c’erano -, le cui conseguenze stiamo ancora subendo. Speriamo che l’esito, questa volta, sia diverso.