Questo è un estratto dell’articolo pubblicato su AffarInternazionali.it il 27/08/2018, che per il resto sostanzialmente riprende l’articolo su John McCain de Il Fatto del 26/08/2018
… Mentre la politica americana rendeva un omaggio intenso pressoché unanime all’eroe e al senatore, ci sono volute 48 ore perché la Casa Bianca mettesse la bandiera a mezz’asta e perché il presidente pronunciasse due parole: “I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno alla famiglia del senatore McCain. Apprezziamo quanto ha fatto per il nostro Paese”, ha detto incontrando i leader evangelici.
Coerente con se stesso al limite dell’ostinazione, Trump non s’è unito al coro di cordoglio: non ha voluto che la Casa Bianca emanasse un comunicato ufficiale con la parola ‘eroe’, che la portavoce Sarah Huckabee Sanders e il capo dello staff John Kelly gli suggerivano con insistenza; e ha invece preferito un tweet anodino per esprimere “profondo rispetto per la famiglia McCain”. “Grazie, senatore McCain – twittava meno compassata Melania, la first lady -, per il suo servizio al Paese”.
Il Wall Street Journal ha rivelato che il presidente non aveva voluto incontrare il senatore malato. Nel corso di una missione, i suoi consiglieri gli suggerirono di fare tappa in Arizona per salutare McCain, cui era appena stato diagnosticato il tumore al cervello. Ma Trump si rifiutò, sostenendo che lui e il senatore “non si erano mai piaciuti reciprocamente” e che se fosse andato a trovarlo sarebbe apparso “finto e ipocrita”.
L’America migliore è unita nel cordoglio, bipartisan come il messaggio e l’esempio di McCain, che, in una lettera d’addio, avverte che “il vero patriottismo non semina odio” e divisione. E lo commemorano pure leader di tutto il Mondo: il Vietnam ne celebra “gli sforzi per la pace”.
L’ex presidente Obama ricorda la loro sfida alle presidenziali 2008: “Eravamo molto diversi ma condividevamo la fedeltà a qualcosa di più alto, ovvero agli ideali per cui generazioni di americani e immigrati hanno combattuto, manifestato e fatto sacrifici”.
L’ex presidente Bill Clinton ringrazia McCain per il ruolo svolto nel normalizzare i rapporti fra Usa e Vietnam e ne ricorda la tenacia e il coraggio nel rompere gli schemi, se lo riteneva giusto. E l’ex presidente Bush jr vede nel senatore repubblicano un “patriota al massimo livello”: “Mi mancherà” dice George W., che batté McCain nelle primarie 2000 e lo appoggiò nel 2008, contro Obama.
Fra i più stretti amici di McCain, Joe Biden, ex vice-presidente, democratico, afferma: “Coraggio. Integrità. Onore. Non ha mai perso di vista quello in cui credeva più fermamente: il Paese, prima di tutto”. Il leader dei repubblicani al Senato Mitch McConnell dice “In un’era piena di cinismo sull’unità nazionale, la sua vita è stata un esempio”; il leader dei democratici Chuck Schumer “Era una grande persona, come ce ne sono poche”.
Con la morte di McCain resta in Senato un unico veterano del Vietnam, Tom Carper, democratico del Delaware. I reduci del Vietnam, marchiati dalla sconfitta, arrivano ai vertici della politica solo nei film, mentre, nella realtà, alla Casa Bianca ci vanno gli imboscati di quel conflitto, come Bill Clinton e George W. Bush e lo stesso Trump, riformato per un problema ai piedi.
Thomas Whitmore e James Marshall sono due presidenti degli Stati Uniti che furono piloti di guerra in Vietnam. Ma non li trovate nell’elenco dei 45 presidenti dell’Unione, perché sono due personaggi cinematografici: protagonisti il primo di Independence Day e il secondo di AirForceOne, successi del 1996 e del 1997.