Enrico Costantini, lettore – Credo che molti si chiedano il motivo dei comportamenti di Trump, soprattutto dopo l’indecorosa figura al vertice di Helsinki con Putin, dove il presidente americano gli ha praticamente sbavato addosso tutta la sua ammirazione, salvo poi ritrattare tutto come fa di solito in questi casi, dopo averla detta grossa. Credo che la motivazione sia semplice da individuare: l’invidia per l’ ‘uomo forte‘, e solo, al comando.
Tutti i leaders “cosiddetti” democratici occidentali, e Trump per primo, quando si trovano a confrontarsi con un leader che nella realtà dei fatti è più o meno velatamente un dittatore incontrastato, si sentono sminuiti, impotenti, e lo invidiano: niente bilanciamento dei poteri, niente estenuanti discussioni alle camere e nelle commissioni, niente compromessi con le opposizioni, niente promesse elettorali non mantenute causa opposizione interna, niente rendiconto sui media, niente stampa contraria a informare i cittadini su certe malefatte, niente faticose campagne elettorali per farsi rieleggere, nulla di nulla.
Ai vari Putin, Alsisi, Erdogan, Kim Yong Un, Al Assad ecc. basta ordinare, e tutti eseguono senza fiatare, e possono dire ciò che gli pare. Quello che vorrebbero poter fare oltre a Trump i Berlusconi, i Renzi, i Macron e tutti quei leaders che si sentono infusi del verbo divino e latori della ragione sempiterna. Per fortuna in occidente non funziona così, ma fino a quando resisteranno le nostre democrazie debolucce all’avvento dell’ ”uomo forte”?
Gentile Enrico, la sindrome dell’ ‘uomo forte’ al comando, che è stretta parente di quella dell ‘uomo solo’ al comando, non è certo una caratteristica peculiare della nostra epoca: la storia ne è zeppa, in tutte le epoche, a tutte le latitudini, sotto tutte le civiltà. Magari, noi occidentali ci eravamo illusi, dopo le devastanti esperienze del XX Secolo, che le nostre democrazie avessero sviluppato gli anticorpi definitivi contro tentazioni assolutistiche e totalitaristiche. Ma avevamo forse sottovalutato i germi del populismo, che pullulano nel brodo primordiale della corruzione e dell’inefficienza, malattie delle democrazie mature incapaci di rinnovarsi perché le caste si sono sostituite alle oligarchie.
E così non solo alcuni nostri leader, ma molti nostri concittadini avvertono la fascinazione dell’ ‘uomo solo’ al comando, dell’ ‘uomo forte’: i moti d’ammirazione per i vari Putin e, come lei ricorda in una sorta di giaculatoria, Erdogan, al-Sisi, al-Assad, Kim, sono frequenti sui nostri media, specie nei post dei lettori. Trump è la versione americana, più grezza di quelle europee – Berlusconi è quanto più gli assomiglia, Sarkozy, Renzi, Macron ne sono modelli progressivamente più ‘civilized’ – e molto condizionata dal bilanciamento dei poteri previsto dalla Costituzione statunitense.
Di qui, il fenomeno, che il nostro Lettore coglie bene, d’invidia più che di ammirazione verso chi può fare e disfare senza le pastoie dello stato di diritto; e la tentazione d’inseguirlo sul terreno del decisionismo, del pugno sul tavolo, del ‘faccio da solo perché tutti, prima di me, hanno fatto male’. Trump, per di più, non ha senso della vergogna, come, in certa misura non l’ha Berlusconi e neppure Salvini, né senso del limite: finché dice e si contraddice, poco male; ma se fa e disfa, può causare danni, purtroppo non solo a sé, ma all’America, all’Europa, al Mondo. C’è da sperare che 30 mesi passino presto e che i professionisti della autocrazie, lo stesso Putin e il cinese Xi, riescano a contenerlo.