Mentre l’America è attraversata da centinaia di manifestazioni, almeno 700, segnate dallo slogan “le famiglie devono restare unite”, il presidente Donald Trump, che sente dalla sua la Corte Suprema, passa il week-end in un campo di golf del New Jersey di sua proprietà. Per una volta, la sua famiglia è unita: c’è Melania, che non è in giro a visitare campi di figli di migranti separati dai genitori e reclusi al confine tra Texas e Messico – c’è già stata due volte –; e c’è il piccolo Barron.
Tra una buca e l’altra, Trump avrà il tempo – se ne avrà la voglia – di riflettere sulle scadenze e gli appuntamenti che l’aspettano: il vertice a Helsinki il 16 luglio con il presidente russo Vladimir Putin, cui sarebbe pronto ad abbonare l’annessione della Crimea; l’atteggiamento d’assumere con il leader nord-coreano Kim Jong-un che, dopo il Vertice a Singapore, continuerebbe ad arricchire l’uranio; la decisione se uscire o meno dalla Wto, l’Organizzazione del commercio mondiale; soprattutto, la scelta di un nuovo membro della Corte Suprema, adesso che il giudice Anthony Kennedy, 81 anni, gli ultimi trenta passati nella massima istanza giudiziaria Usa, ha annunciato il proprio ritiro.
In settimana, la Corte Suprema ha dato un’importante vittoria al presidente Trump, riconoscendo la legittimità del ‘muslim ban’, nel frattempo divenuto ‘travel ban’, che limita la possibilità d’ingresso negli Stati Uniti a chi proviene da alcuni Paesi islamici, oltre che dalla Corea del Nord e dal Venezuela. Con un voto serrato, 5 a 4, la Corte ha fatto prevalere le esigenze di sicurezza, invocate dalla Casa Bianca, sui timori di discriminazione –religiosa o etnica– evocati dal decreto, uno dei primi adottati da Trump presidente, ripetutamente contestato dai giudici federali e modificato. Decisivo, nella circostanza, il voto dell’unico giudice finora nominato da Trump, Neil Gorsuch, un conservatore. Nel 2016, per quasi un anno, i repubblicani riuscirono a impedire a Barack Obama di nominare un giudice liberal di sua scelta al posto di Antonin Scalia, deceduto improvvisamente.
Alla Corte Suprema finiranno probabilmente, nei prossimi mesi, le cause intentate da una ventina di Stati e da vari giudici contro la ‘tolleranza zero’ dell’Amministrazione verso i migranti illegali e, soprattutto, contro la decisione di separare i figli dai genitori (il presidente se l’è nel frattempo rimangiata, ma con un atto dalla dubbia efficacia).
Le proteste di ieri fanno seguito ad altre, giovedì, quando, sul Campidoglio di Washington, ci furono 575 arresti durante la ‘marcia delle donne’ – in manette, pure Susan Sarandon -. Ieri, i cortei più numerosi erano a New York e a Washington, a Lafayette Square, di fronte alla Casa Bianca: un fiume umano ha percorso tutta l’Unione, dove marce e manifestazioni contro la ‘tolleranza zero’ si susseguono da giorni e giorni.
Scegliendo un giudice conservatore al posto di Kennedy – elemento determinante in molte cause, perché votava coi liberal sui diritti umani e con i conservatori sul controllo delle armi, l’accesso al voto, la spesa pubblica -, Trump ha la possibilità di orientare per almeno un decennio, e forse per una generazione, l’orientamento della Corte Suprema, i cui membri sono nominati a vita.
A rischio, c’è il diritto di aborto, legato, negli Usa, a una sentenza del 1973 della Corte Suprema, nel caso Roe vs Wade. Trump ha già espresso l’intenzione di scegliere un giudice anti-aborto. E non solo: l’Affirmative action per attenuare l’effetto delle discriminazioni, i diritti di omosessuali e comunità Lgbt, il rapporto tra diritti civili e sicurezza nazionale, il diritto di voto sono tutti temi che potrebbero subire l’impatto di un netto orientamento conservatore della Corte Suprema.
I media giocano a individuare chi sarà il prescelto di Trump, che vuole agire in fretta: le elezioni di midterm il 6 novembre potrebbero alterare i rapporti di forza nel Congresso. Ma i nomi fatti sono ancora troppi: la ‘short list’ non è ancora pronta.