L’obiettivo minimo è fare buona impressione ed evitare le gaffes da esordiente. Ché il professor Giuseppe Conte esordiente lo è a tutti i livelli: prima sortita pubblica da presidente del Consiglio, primo appuntamento internazionale e, subito, il Vertice dei Vertici, un G7 con i leader dei Grandi, in Canada, nel Quebec, a Charlevoix. Conte non conosce nessuno e nessuno lo conosce: l’inglese dovrebbe sorreggerlo, visto che lui andava a migliorarlo alla New York University; e l’ordine del giorno pure.
I temi scelti dalla presidenza di turno canadese sono generici: crescita inclusiva, i lavori del futuro, l’uguaglianza di genere, la sicurezza, i cambiamenti climatici. Ci sono dossier su cui l’Italia rischia, come la questione dei dazi imposti dall’America di Trump all’export europeo di acciaio e alluminio e delle ritorsioni predisposte dall’Ue (su prodotti Usa per 2,8 miliardi di dollari, in vigore da luglio); e altri in cui l’Italia è coinvolta, come l’accordo sul nucleare con l’Iran e le sanzioni americane che potrebbero colpire Paesi ed aziende che continuino a fare affari con Teheran.
Ma sono tutti problemi su cui la posizione dell’Italia, prima e pure ora, appare allineata con quella dei partner europei: la Merkel, Macron, la Commissione europea, persino la May dovrebbero dire cose condivisibili dal professor Conte, no ai dazi, sì all’accordo; e lo stesso farà il padrone di casa, quel Justin Trudeau ormai leader indiscusso del mondo ‘liberal’. Anche il giapponese Shenzo Abe, almeno sui dazi, dovrebbe avere posizioni analoghe a quelle europee.
Tutti contro Trump? Tra critiche dei partner e “caccia alle streghe” in patria – la definizione è sua -, Il magnate presidente è stato tentato di rinunciare, ma ci sarà, anche se non avrebbe ancora deciso se firmare la dichiarazione conclusiva. Macron invita tutti a “essere gentili” con Trump, perché “abbiamo bisogno degli Usa”.
In Canada, Conte sarà privato dei suoi due guardaspalle politici, Di Maio e Salvini; e non avrà neppure il conforto della presenza, accanto a sé, del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, esordiente pure lui a questi livelli, ma non digiuno delle materie in discussione – da molti anni, i G7 non sono più carrozzoni mediatico-diplomatici con leader e ministri degli Esteri e delle Finanze riuniti insieme -.
Per cavarsela senza infamia, Conte potrà offrire ai partner una sintesi del programma di governo illustrato in Parlamento, anche se c’è da augurarsi che i suoi interventi siano un po’ più articolati degli scarni passaggi di politica internazionale recitati in Senato e alla Camera, dove ha dato – dice l’ambasciatore Nelli Feroci, un ex commissario europeo – “l’impressione d’un Paese ripiegato su se stesso, con scarsa vocazione ad assumersi responsabilità internazionali”.
L’inesperienza e l’essersi appena insediato varranno al professore una benevola comprensione, magari accompagnata da qualche inespressa diffidenza e preoccupazione. C’è da scommetterci che la cancelliera Merkel, il presidente Macron e altri leader, nel dargli la mano e il benvenuto, lo inviteranno a incontri bilaterali; e che tutti si diranno “impressionati” dal suo esordio, fiduciosi che l’Italia mantenga gli impegni assunti e realizzi gli obiettivi prospettati.
Lui, dal canto suo, dovrà evitare di mettere un dito nell’occhio ai partner, tirando ad esempio fuori l’intenzione di togliere le sanzioni alla Russia: ne potrà, se del caso, parlare in sede europea – al G7 dovrà al massimo trangugiare espressioni tipo “mantenere la pressione sulla Russia per ristabilire il diritto internazionale” -.
In un mese, il presidente del Consiglio farà un corso accelerato di leadership internazionale: dopo il G7, avrà il Vertice europeo di fine giugno –28 e 29, a Bruxelles– e poi il Vertice della Nato a luglio –10 e 11, sempre a Bruxelles-. Sulla carta, comincia dal gradino più alto. In realtà, gli appuntamenti di Bruxelles saranno più spigolosi: all’Ue, vincoli europei, politiche migratorie, completamento dell’Unione bancaria e riforma della governance dell’eurozona, Brexit; alla Nato, spese per la difesa e missioni militari all’estero – a partire da quella in Afghanistan -, oltre che sanzioni alla Russia. Lì, i nodi verranno al pettine; e nei confronti dell’Italia e di Conte ci sarà meno benevola comprensione che in Canada, dove il governo e il professore sono nuovi di zecca.
L’ambasciatore Nelli Feroci rileva che, per portare avanti una richiesta con chances di successo nell’Ue, bisogna riempire tre condizioni: sapere che cosa chiedere e a chi; avere le carte in regola; e riuscire a costruire un sistema di alleanze con partner di peso. Conte ha venti giorni per riuscirci; e, sui migranti, il suo governo è partito male.
A Charlevoix, la giornata cruciale è la prima, oggi. La giornata di domani sarà in discesa, e breve, se non saranno emersi intoppi. A fine lavori, Conte unirà la sua voce a quella dei colleghi per fare gli auguri al presidente Trump, atteso dal Vertice di Singapore martedì 12 col leader nord-coreano Kim Jong-un. Giusto il tempo, per il magnate presidente, di tornare a casa, cambiare la valigia e ripartire.