Esigenti con se stessi e attenti a tre concetti: “periferie, verità e speranza“. Così vede, anzi vorrebbe vedere, i giornalisti Papa Francesco, che dice di non avere “ricette” per l’informazione, ma offre consigli e mette in guardia dai rischi dando udienza ad una folta delegazione di giurati e premiati del premio giornalistico internazionale Biagio Agnes.
Giornalista e dirigente d’azienda, Biagio Agnes fu direttore generale della Rai negli Anni Ottanta: fratello di Mario, giornalista anch’egli, presidente nazionale dell’Azione Cattolica, per 23 anni direttore dell’Osservatore Romano, Biagio Agnes ha lasciato con la sua azione un segno profondo nella Rai e nel giornalismo italiano.
Il premio a lui intitolato, giunto alla X Edizione e gestito con squisita efficienza dalla figlia Simona, è un momento consolidato del connubio televisivo tra spettacolo e informazione: nella giuria, e nella galleria dei premiati, vi sono giornalisti che sono stati e sono punti di riferimento per chi cerca notizie senza piaggeria, affidabili e oneste pur se scomode e imbarazzanti.
Come le vuole Papa Francesco, che legge un testo in cui chiede ai giornalisti di “essere molto esigenti con se stessi per non cadere nella trappola delle logiche di contrapposizione per interessi o per ideologie”: “Un giornalista – ha detto – è chiamato a scrivere ciò che pensa, ciò che corrisponde alla sua consapevole e responsabile comprensione di un evento”; ma deve essere vigilante, perché “ci si può ingannare anche da soli”.
Francesco ha indicato alcuni rischi: il primo è quello di un’ottica elitaria e centralistica. “Molto spesso – ha detto – i luoghi nevralgici della produzione delle notizie si trovano nei grandi centri. Questo, però, non deve farci mai dimenticare le storie delle persone che vivono distanti, lontane, nelle periferie. Sono storie a volte di sofferenza e di degrado; altre volte, di grande solidarietà, che possono aiutare tutti a guardare in modo rinnovato la realtà”.
Il secondo rischio riguarda la fretta che può compromettere la verità. “Oggi – ha sottolineato il Papa -, in un mondo dove tutto è veloce, è sempre più urgente fare appello alla sofferta e faticosa legge della ricerca approfondita, del confronto e, se necessario, del tacere, piuttosto che ferire una persona o un gruppo di persone o delegittimare un evento. So che è difficile”, ma bisogna essere “coraggiosi e profetici”.
Infine, c’è il rischio di contribuire alla disperazione invece che di alimentare la speranza. “Non si tratta di raccontare un mondo senza problemi – ha precisato Francesco -: sarebbe un’illusione. Si tratta di aprire spazi di speranza, mentre si denunciano situazioni di degrado e disperazione. Un giornalista non dovrebbe sentirsi a posto per il solo fatto di avere raccontato un evento, secondo la propria libera e consapevole responsabilità. E’ chiamato a tenere aperto uno spazio di uscita, di senso, di speranza”.
“A volte – ha constatato il Papa – non si mette sul tavolo l’informazione completa, ma la si seleziona secondo i propri interessi, politici, economici o ideologici”: Francesco ai giornalisti ha chiesto: “Impegnatevi, anzitutto personalmente, per una comunicazione che anteponga la verità agli interessi personali o di corporazioni”.
Prendendo spunto dalle sue esperienze di comunicatore e viaggiatore, Francesco ha mostrato conoscenza e comprensione delle dinamiche giornalistiche e dell’evoluzione del mestiere in atto: “Essere giornalista è un lavoro esigente, che sta vivendo una stagione caratterizzata, da una parte, dalla convergenza digitale e, dall’altra, dalla trasformazione degli stessi media“.
“Spesso mi capita di vedere nei viaggi apostolici o in altri incontri differenze di modalità produttive: dalle classiche troupe televisive fino a ragazzi e ragazze che con un telefonino sanno confezionare una notizia per qualche portale; o dalle radio tradizionali a vere e proprie interviste con il cellulare”.
“Stiamo vivendo – ha constatato il Papa – una trasformazione pressante delle forme e dei linguaggi dell’informazione. È faticoso entrare in tale processo di trasformazione, ma è sempre più necessario se vogliamo continuare a essere educatori delle nuove generazioni”. Com’è necessaria una vigilanza “sapiente”, perché “le dinamiche dei media e del mondo digitale, quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo d’una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, d’amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione”.
Rispondendo al saluto di Simona Agnes, di cui ha elogiato “la tenacia”, Papa Francesco ha espresso apprezzamento per il Premio e ha ricordato l’ex dg Rai come “uno dei più noti giornalisti italiani, difensore del servizio pubblico, che più volte intervenne sul ruolo del giornalista come garante dell’informazione corretta, attendibile, autentica e puntuale”.