C’è un’attesa carica di timori e di preoccupazioni, in Italia, per le proposte sul quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2021/’27 che la Commissione europea presenterà il 2 maggio: gli interrogativi riguardano, in particolare, le risorse destinate alla Politica di coesione. Una volta messe sul tappeto le proposte della Commissione, la complessa trattativa coinvolgerà, nei prossimi mesi, il Consiglio dei Ministri dell’Ue e il Parlamento europeo e interesserà anche i Parlamenti nazionali dei 27. Sarà – osserva Ferdinando Nelli Feroci, ex commissario europeo, ora presidente dello IAI –un negoziato “complicato, nel cui contesto si dovranno definire le priorità di azione dell’Ue, decidere le risorse da destinare alle voci di spesa e individuare nuove forme di finanziamento per il bilancio comune”.
L’Italia affronta la trattativa, il cui esito potrebbe penalizzarla, in mezzo al guado per la formazione del nuovo governo, senza una linea guida di politica europea ben definita. Ma esperti, accademici e strutture amministrative sono consci che la posta in gioco è alta: lo testimoniano due eventi svoltisi a Roma in aprile per sensibilizzare al problema l’opinione pubblica e le forze politiche. Il primo, organizzato dall’Istituto Affari Internazionali e dal Centro Studi sul Federalismo, guardava al Qfp nel suo insieme; l’altro, gestito dagli uffici in Italia della Commissione e del Parlamento europei, con il coinvolgimento della DG Regio, era specificatamente dedicato alla politica di coesione nell’ambito del Qfp: “Il futuro dell’Ue nelle strategie d’intervento per ridurre il divario economico tra le regioni e promuovere l’integrazione degli Stati membri”.
Sul futuro del Qfp pesa l’uscita dall’Unione della Gran Bretagna: la Brexit porterà a una riduzione delle risorse disponibili che oscilla tra i 10 e i 12 miliardi di euro in meno all’anno, intorno all’8% del totale. Ma l’ambasciatore Nelli Feroci è fiducioso che, malgrado l’esiguità delle risorse (intorno all’1% del Pil dell’Unione, circa il 2% della spesa pubblica europea), la partita del bilancio “sarà non solo, come è sempre stata, un confronto fra contributori netti e beneficiari netti, ma diventerà, sempre più, una partita fra riformatori e conservatori”.
Si dovrà decidere se e in che misura compensare la riduzione delle risorse con riduzioni di spesa, oppure con l’aumento dei contributi nazionali o eventualmente con nuove risorse. Politica agricola comune (Pac) e Politica di coesione sono le voci che tradizionalmente assorbono le percentuali più importanti del bilancio europeo, prendendosi a testa quasi un terzo del totale, e potrebbero quindi beneficiare della ‘path dependency” insita in questa trattativa, cioè della tendenza a riprodurre quanto già fatto. Ma nel prossimo Qfp la Commissione dovrà tenere conto delle nuove sfide che l’Europa sta affrontando, in primis flussi migratori e sicurezza.
Il vice-presidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo ricorda le tre opzioni per la politica di coesione nel prossimo Qfp: il mantenimento dello status quo, cioè circa 370 miliardi di euro (corrispondenti al 35% del bilancio Ue) e la conferma del sostegno a tutte le regioni europee attualmente interessate; il taglio di un quarto dei fondi, che significherebbe circa 95 miliardi di euro in meno, destinando gli aiuti solo alle regioni meno sviluppate (il Mezzogiorno per l’Italia); il taglio di un terzo dei fondi, 124 miliardi in meno, che assicurerebbe il sostegno soltanto alle regioni meno sviluppate dell’Est Europa.
Illazioni sulle proposte della Commissione – e sull’esito della trattativa – tutte da verificare. Beatrice Covassi, direttrice della Rappresentanza in Italia della Commissione, dice che il passaggio non può essere affrontato con misure “di ordinaria amministrazione”, ma richiede l’individuazione “di nuove forme di finanziamento per il bilancio comune”.
Il dibattito sulla politica di coesione
Nell’evento su Politica di coesione, bilancio e Qfp, s’è parlato di condizionalità per i beneficiari e del ruolo che l’Italia e le regioni possono giocare nell’imminente negoziato. Con Castaldo, c’erano nel ‘panel’ politico’, Nicola de Michelis, capo gabinetto del commissario per le Politiche regionali Corina Cretu, Salvatore Cicu, membro della Commissione REGI del Parlamento europeo, vice-capo delegazione di Forza Italia, e David Sassoli, vice-presidente del Parlamento europeo. Le conclusioni del ‘panel’ tecnico sono state tratte da Vittoria Alliata di Villafranca, direttore alla DG Regio.
Castaldo suggerisce di “forzare la mano sul tema delle risorse proprie”, altrimenti il rischio cui si va incontro è di dovere “mettere in discussione le politiche di coesione come le abbiamo conosciute”.
L’Italia come Sistema Paese deve evitare gli scenari ipotizzati che prevedono un ridimensionamento del bilancio per la Politica di coesione: “Dobbiamo impostare la sfida del bilancio pensando all’interesse nazionale da difendere, così come all’interesse europeo”.
Per Cicu, “l’Italia è uno dei Paesi culturalmente meno pronti al confronto europeo ed a capire che cos’è l’Europa”: “Se non ci rendiamo conto che la programmazione europea è fondamentale per innovazione e ricerca, perdiamo anche nella dimensione d’impresa”. E ancora: “A Bruxelles si gioca la Champions League. In Italia? Una partita a calcetto”.
Sassoli ritiene che il sistema Italia non contribuisce a “mettere la macchina del Paese in condizione d’usare bene tutto quello che ci viene offerto”: “Il Sud non beneficia di quello che arriva dall’Europa per colpa nostra. Abbiamo bisogno di cabine di regia, a Bruxelles e in Italia”. “Chi aiuta – si chiede il vice-presidente del Parlamento europeo – i Comuni italiani a usare le risorse dell’Ue?, chi li aiuta nell’opera di rendicontazione?”.
De Michelis nota che questi sono giorni cruciali per le discussioni in Commissione sul Qfp e quindi sul futuro della politica di coesione. “Una ricerca della London School of Economics studia i luoghi che non contano e dimostra che il voto euro-scettico avviene nei pezzi di territori dove le fratture sono più acute. Il rapporto sullo stato della coesione dell’ottobre 2017 racconta una geografia drammatica”.
Secondo De Michelis, anche per il periodo 2021-27, la Politica di coesione avrà un ruolo centrale, nelle proposte della Commissione. È l’unico strumento, infatti, con cui si riesce a fare integrazione, “forse perché l’Unione non è pronta per un bilancio federale”. Eppure la distribuzione delle risorse della Politica di coesione del nuovo settennato dovrà riflettere un equilibrio diverso dall’attuale, perché l’Europa è cambiata. “Innovazione, ricerca, inclusione sociale, mercato del lavoro, ambiente e cambiamento climatico” saranno elementi cruciali della Politica di coesione che verrà.