Questa volta, se vorrà rispondere colpo su colpo a Donald Trump, Vladimir Putin dovrà mirare alto e mettere, per esempio, al bando dalla Russia il ‘primo genero’ della Casa Bianca, il molto potente Jared Kushner. Gli Stati Uniti, infatti, hanno adottato sanzioni contro 24 russi altolocati, fra cui 17 dirigenti governativi e sette oligarchi – c’è pure l’ex genero di Putin Kirill Shamalov -, oltre che contro 14 entità russe.
La mossa di Trump vuole punire le interferenze elettorali di Mosca in Usa 2016: quelle interferenze su cui indaga il procuratore speciale per il Russiagate Robert Mueller, che Trump aveva sempre negato e che adesso sostiene siano state a vantaggio della sua rivale Hillary Clinton. Il magnate esaspera le tensioni con Russia, già corrose dalla ‘guerra delle spie’, proprio mentre acuisce quelle con Cina con la ‘guerra dei dazi’. Una strategia da ‘tanto nemici molto onore’.
Tra i russi colpiti,oltre all’ex genero, gli oligarchi Oleg Deripaska, stretto sodale del presidente Putin, Igor Rotenberg, Viktor Vekselrberg, capo del gruppo Renova, Alexiei Miller, capo di Gazprom, Andrei Kostin, responsabile della seconda banca russa Vtb, e Andrei Akimov, presidente di Gazprombank. In lista pure l’ex senatore Suleiman Kerimov, Ievgheni Shkolov, consigliere del presidente, il ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev, Viktor Zolotov, che dirige la Guardia nazionale e il segretario del Consiglio di sicurezza Nikola Patrushev.
Le misure – spiega il Dipartimento del Commercio Usa – sono state prese perché “il governo russo è coinvolto in una serie di attività nefande nel mondo, compresa l’occupazione della Crimea e l’istigazione alla violenza nell’Ucraina orientale, la fornitura di armamenti al regime di al-Assad che sta bombardando il suo popolo, i tentativi di sovvertire le democrazie occidentali e attività cibernetiche malevoli”. Manca l’avvelenamento della spia russa doppiogiochista Serghiei Skripal e il doping di Stato olimpico e l’elenco di tutte le nefandezze di questo Mondo sarebbe completo.
Battuto il pugno sul tavolo, Trump, come gli capita spesso, fa un passo indietro, o almeno di lato. Una fonte della sua Amministrazione, parlando con i giornalisti, assicura che “il dialogo con Mosca resta aperto”; e afferma che le misure “sono state coordinate con gli alleati chiave” degli Stati Uniti – quali, non è detto -.
Le decisioni americane aggiungono – se possibile – elementi di frizione alle relazioni con la Russia, dopo l’intreccio di espulsioni di circa 300 diplomatici per il caso Skripal, i cui colpi di coda agitano sempre i rapporti tra Mosca e Londra. Putin e il ministro degli Esteri Lavrov per ora tacciono, dopo avere lamentato la mancanza di coerenza dell’Amministrazione statunitense. Durissima la reazione del presidente della Commissione Esteri del Senato Konstantin Kosaciov: “E’ un altro passo infondato, ostile e insensato, un tentativo di giustificare l’assenza di una strategia di politica estera reale … E’ una strada che non porta da nessuna parte: con atti del genere non si spaventa la Russia, né la si batte”.
Gli atteggiamenti di Trump, che per il secondo anno consecutivo salterà la cena dei corrispondenti dalla Casa Bianca il 28 aprile – ospite d’onore la Cnn, dichiarata nemica del presidente Usa -, suscitano irritazione e preoccupazione anche negli Stati Uniti. Due colonne della presidenza Clinton, gli ex segretari di Stato Madeleine Albright e al Tesoro Larry Summers, denunciano le tendenze “mussoliniane” del magnate presidente, “il leader più antidemocratico nella storia americana”.