Quando la conta dei diplomatici russi espulsi per il ’caso Skripal’ sfiora ormai i 150, la Nato monta in cattedra: vanta una coesione senza pari in tempi recenti fra i suoi membri e dice d’avere ridotto l’arsenale di spie di Mosca nei suoi 25 Paesi. D’ora in poi, “la Russia avrà meno capacità di fare attività di intelligence nei Paesi della Nato”, afferma il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, un ex premier norvegese laburista, annunciando l’allontanamento di sette russi accreditati presso la Nato.
Si dà per scontato che tutti gli espulsi fossero spie – se sono sicuri che fosse così, perché i vari Paesi ne tolleravano la presenza sul loro territorio? -. Stoltenberg aggiunge: “La Russia ha sottovalutato l’unità degli Alleati della Nato”, capaci di misure corali dopo l’attacco con un agente nervino all’ex spia russa Serghiej Skripal e a sua figlia Yulia, avvenuto a Salisbury, nel Sud dell’Inghilterra.
Stoltenberg glissa sul fatto che un Paese come la Turchia, quello della Nato che ha la più lunga frontiera di terra con la Russia, non partecipa al domino delle espulsioni. E che Macron e la Merkel si limitano sul tema a frasi di circostanza un po’ frettolose: i loro provvedimenti mirano ad evitare tensioni con gli Usa più che ad acuire quelle con Mosca. Anche Paesi neutrali, come l’Irlanda, cedono alle pressioni di Stati Uniti e Gran Bretagna. E le espulsioni contagiano pure l’Australia, mentre la Nuova Zelanda risponde picche: “Non abbiamo spie da cacciare qui”.
In Italia, dove il governo ha fatto appena più del minimo sindacale, cacciando due diplomatici russi, contro l’uno di Dublino, l’attenzione della politica si distoglie subito dalla nuova Guerra Fredda e torna a concentrarsi sulle diatribe interne: c’è chi ricorda le stime di Coldiretti, secondo cui il danno dalle sanzioni alla Russia per l’export agro-alimentare italiano tocca i tre miliardi di euro.
La Russia non mostra fretta di reagire e si lascia scivolare addosso accuse ed espulsioni. Il ministro degli Esteri Serghiej Lavrov assicura che Mosca risponderà all’offensiva diplomatica di Usa, Nato, Ue. “Risponderemo, statene certi: nessuno vuole tollerare un tale sgarbo e noi non lo faremo”, dice Lavrov da Tashkent, parlando di “pressioni” e “ricatti” da parte di Washington sugli alleati. Putin, invece, tace: è in Siberia, a Kemerovo, nel centro commerciale il cui rogo, domenica, ha fatto almeno 64 vittime, fra cui molti bambini e ragazzini.
Stoltenberg cerca di sfruttare quella che Washington e Londra considerano una provocazione russa per spingere gli alleati a spendere di più per la difesa comune e a confermare la presenza di presidi in funzione anti-russa nei Paesi baltici e anche in Polonia – vi partecipa pure l’Italia. “Non credo che Mosca si aspettasse l’unità che abbiamo mostrato nell’aumentare gli investimenti per la difesa e nel rinforzarci all’Est. E non penso si aspettasse l’unità nell’attuazione delle sanzioni economiche. E’ una risposta molto forte all’atteggiamento russo, dall’annessione illegale della Crimea in poi”.
Per il segretario generale, la Nato continua a cercare il dialogo con la Russia, pur avendo “sospeso qualsiasi cooperazione pratica” con Mosca. Che, però, continua a guadagnare influenza nel Mondo, specie in Medio Oriente – in Siria, l’Occidente le ha quasi lasciato campo libero -.
Un altro aspetto polemico della decisione d’inasprire la nuova Guerra Fredda lanciando il domino delle espulsioni riguarda l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (l’Opac, premio Nobel per la Pace nel 2013), che non era stata finora coinvolta nelle indagini britanniche. Non è univoco quali possano essere le competenze e le responsabilità dell’Opac in questa vicenda, ma molti ne sperano risposte certe sull’origine dell’avvelenamento di Skripal e della figlia.