C’è sempre un adepto di Cambridge Analytica nel ‘cerchio magico’ del presidente Trump: dopo averne cacciato Steve Bannon, il suo guru, che ne era un ispiratore, il magnate richiama in servizio, come Consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, ‘super-conservatore’ di lungo corso, finito un po’ nel dimenticatoio. E il New York Times scopre che Bolton è stato tra i primi clienti a beneficiare del ‘datagate’ in cui sta annaspando Facebook.
Il giornale scrive che il comitato politico creato da Bolton ingaggiò la Cambridge Analytica nell’agosto 2014 e le pagò circa 1,2 mln di dollari nei due anni successivi. Che uso abbia poi fatto dei dati ottenuti non è chiaro. Ma di trasparente, nei percorsi di Bolton, c’è ben poco.
Un paio di baffoni spioventi, apparentemente ispidi e incolti, sale e pepe già una vita fa, che coprono in parte una faccia rotonda, dietro cui si trincera il sorriso nervoso e grintoso di uno dei più bruschi e aggressivi diplomatici americani: John Bolton è tutto questo e poco più, fin da quando George W. Bush lo fece sotto-segretario di Stato e lo mandò poi a rappresentare gli Usa all’Onu. Una nomina che il presidente dovette imporre al Senato, che non l’avrebbe mai approvata.
Di Bolton, sempre il New York Times ieri scriveva: “Se il presidente Trump cercava un consigliere per la Sicurezza nazionale adeguato al suo atteggiamento drastico e incline al confronto, ha trovato la persona giusta”.
Siamo al terzo consigliere per la sicurezza di questa presidenza ancora breve, ma già fittissima d’avvicendamenti. Il licenziamento di H.R. McMaster era scontato dopo che il generale, succeduto a un altro generale, Michel Flynn, ‘bruciato’ dal Russiagate, aveva giudicato “inconfutabile” l’ingerenza russa in Usa 2016 – un fatto mai ammesso dal presidente -.
La scelta di Bolton conferma la svolta drastica, nei modi – e forse non solo -, della politica estera e di sicurezza degli Stati Uniti: in coppia con il nuovo segretario di Stato Mike Pompeo, Bolton ha già invocato un’azione militare contro la Corea del Nord e ha definito l’accordo nucleare con l’Iran “un massiccio smacco strategico”.
Quello che risulta dall’ennesimo viavai alla Casa Bianca è “una delle squadre di sicurezza nazionale “più aggressive” nella storia degli Stati Uniti. E l’allontanamento di McMaster conferma l’idiosincrasia del presidente per i consiglieri che non gli danno sempre ragione.
Nato a Baltimora, nel Maryland, nel 1948, prima di entrare nell’Amministrazione Bush Bolton era stato vicepresidente vicario dell’American Entreprise Institute (Aei), il think tank neo-con di cui fanno parte, tra l’altro, Richard Perle e Paul Wolfowitz, gli isopiratori dell’invasione dell’Iraq. Legato all’Nra, la lobby delle armi, Bolton non ha avuto ruolo nell’Amministrazione Obama ed è stato fin dall’inizio fra i sostenitori di Trump.
Il presidente, che in una settimana ha quasi completamente rifatto il team estero e di sicurezza, sempre a colpi di tweet – resta al suo posto solo il capo del Pentagono, un altro generale, James Mattis -, digrigna i denti al Mondo, con i dazi alla Cina, ma anche al Congresso: il braccio di ferro sul bilancio minaccia di condurre all’ennesimo shutdown – sarebbe il terzo dall’inizio dell’anno -.