Parlava in modo attento e curato, con frasi lunghe e lente, di cui bisognava sempre attendere la fine per coglierne a pieno il senso e, spesso, il risvolto sornione e ironico. E, quando le concludeva, gli brillava nello sguardo, dietro gli occhiali dalla montatura verde che furono notati, nella sala stampa della Commissione europea, un lampo di contentezza e di complicità, ad esprimere la soddisfazione d’avere trovato il modo giusto per comunicare il suo messaggio.
Carlo Ripa di Meana, 88 anni, se n’è andato venerdì 2 marzo, in un ospedale romano, a neppure due mesi dalla scomparsa della moglie Marina, compagna d’una vita. Lucrezia Lante della Rovere, figlia di Marina, l’ha salutato così: “Un caro saluto a Carlo, così innamorato della mamma fino all’ultimo che ha preferito raggiungerla per riabbracciala e ridere ancora insieme”.
Personaggio poliedrico, il figlio Andrea traccia così il profilo: “Uomo politico e di cultura socialista e ambientalista, parlamentare, ministro della Repubblica, presidente della Biennale del Dissenso e di Italia Nostra”. “Una giornata dolorosa per il mondo della cultura italiana”, commenta il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.
Un percorso europeo con Jacques Delors
Commissario europeo a due riprese, parlamentare europeo dal 1979 all’ ’84, nel primo Parlamento eletto a suffragio universale, e poi di nuovo dal 1994 al ‘99, è l’italiano che ha affiancato per più tempo Jacques Delors nel suo percorso alla presidenza dell’Esecutivo comunitario, dall’ ’85 al ‘93.
Ripa di Meana ha lasciato il suo segno sulle scelte europee in materia di cultura e ambiente. Anche per questo, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker l’ha ricordato con commozione e la Rappresentanza in Italia della Commissione ha allestito la Camera Ardente nello Spazio Europa, a Roma.
Dopo avere vissuto a Strasburgo la legislatura contrassegnata dall’adozione del progetto di Trattato per l’Unione europea di Altiero Spinelli, Ripa di Meana divenne commissario nel 1985 e, accanto a Delors, visse l’esaltante stagione di rilancio dell’integrazione dopo la chiusura nel giugno 1984 del contenzioso britannico sul bilancio comunitario: dall’Atto Unico e dall’allargamento a Spagna e Portogallo al completamento del mercato unico e al Trattato di Maastricht, fino alla nascita dell’Unione europea.
A Bruxelles, Ripa di Meana, in linea di continuità con un altro italiano, Lorenzo Natali, pose le basi della politica per l’ambiente, le cui origini sono legate a due incidenti nucleari, uno negli Usa – Tree Miles Island nel 1979 – e uno nell’Urss – Chernobyl nel 1986 -. E poi fece germogliare i primi frutti della politica per la cultura.
Uomo elegante, colto, con il gusto e la ricerca degli accostamenti cromatici, il commissario Carlo Ripa di Meana era un punto di riferimento per la stampa a Bruxelles per la sua gentilezza, la sua disponibilità e l’acutezza dei giudizi.
Nel suo cammino europeo, come in quello politico italiano, non mancarono momenti contraddittori: il 2 maggio 1998, voò contro l’adozione dell’euro come moneta unica, perché – disse nell’aula dell’Assemblea di Strasburgo – “oggi si propone non che lo Stato europeo conii la sua moneta, ma che la moneta conii lo Stato europeo… E’ un gioco pericoloso…”.
La militanza socialista e l’impegno ambientale
Nato a Pietrasanta in Toscana il 15 agosto 1929, secondo di sette fratelli, Ripa di Meana apparteneva alla famiglia dei marchesi di Meana. Sua madre Fulvia Schanzer era figlia del parlamentare e ministro giolittiano Carlo Schanzer.
Le sue radici contribuirono a farne un nobile progressista. Negli Anni Cinquanta, s’avvicinò al Pci, per conto del quale diresse a Praga la rivista dell’Unione Internazionale degli Studenti. Lì conobbe Bettino Craxi, che rappresentava l’Unione goliardica italiana. Libraio a Pisa e – l’estate – a Forte dei Marmi, nel ’60 andò a Milano, chiamato da Giangiacomo Feltrinelli ad aprire la sua prima libreria milanese.
Avvicinatosi alle idee socialiste, fino a entrare all’inizio degli Anni Sessanta nel comitato centrale del Psi, Ripa di Meana fu eletto, nelle elezioni regionali del 1970 in Lombardia, le prime mai svoltesi, consigliere del Partito socialista.
In tutto quel decennio fu a stretto contatto con alcuni personaggi molto in vista del mondo culturale dell’epoca, i giornalisti Giorgio Bocca, Camilla Cederna, Lina Sotis, lo scrittore Luciano Bianciardi, l’architetto Vico Magistretti, la designer Gae Aulenti, con cui ebbe una lunga relazione.
Dal 1974 al ‘79, fu presidente della Biennale di Venezia. Nel 1982, sposò con rito civile – testimoni Alberto Moravia, Goffredo Parise, Bettino Craxi e Antonio Giolitti – Marina Lante della Rovere, con cui ha trascorso 35 anni e che è morta il 4 gennaio dopo aver a lungo lottato contro un tumore.
Nel giugno 1992 fu nominato ministro dell’Ambiente nel primo Governo Amato, incarico che lasciò nove mesi dopo, schierandosi contro il cosiddetto ‘colpo di spugna’, cioè il decreto che durante Tangentopoli depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti, e prendendo poi le distanze dal Psi e da Craxi.
A metà degli Anni Novanta iniziò un nuovo percorso politico con i Verdi: ne fu portavoce nazionale e nuovamente europarlamentare. Conclusa quell’esperienza, i suoi impegni per l’ambiente e la tutela del paesaggio divennero prioritari, portandolo alla presidenza di Italia Nostra.