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Usa: stato dell’Unione, Trump contro un Kennedy e Stormy

Scritto per il fatto Quotidiano del 30/01/2018

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Una notte al calor bianco, per il presidente Trump: il suo discorso sullo stato dell’Unione, che farà alle 21.00 di oggi (ora di Washington), davanti al Congresso riunito in sessione plenaria, sarà chiosato e commentato in diretta televisiva prima da Joe Kennedy, deputato del Massachusetts, astro nascente democratico e ultimo prodotto politico della più celebre dinastia americana, e quindi da Stormy Daniels, nome d’arte della pornodiva con cui il magnate non ancora presidente, ma già marito e fresco padre, ebbe, anzi avrebbe avuto, una relazione nel 2006.

Un percorso ad ostacoli. Passi il discorso del Kennedy, un pronipote di JFK: il ‘controcanto’ dell’opposizione è un rito della democrazia statunitense, in questi casi. Ma la presenza di Stormy, all’anagrafe Stephanie Clifford, nel programma Abc del comico Jimmy Kimmel. è una stilettata e una provocazione. Per l’uomo, più che per il politico: chissà come l’ha presa Melania, ‘first lady’ molto più popolare del marito, che dovrebbe essere in tribuna fra i suoi ospiti.

Trump, nelle ultime ore, ha subito attacchi e smacchi. Numerosi senatori e deputati democratici intendono boicottare il discorso sullo stato dell’Unione, atto saliente della liturgia parlamentare Usa. Esprimendo i sentimenti di molti colleghi del Congressional Black Caucus, che riunisce i membri del Congresso afro-americani, il deputato nero del New Jersey Gregory Meeks, democratico, dice: “Non ci sarò… Non posso concedere a quest’uomo che non mi rispetta il rispetto di essere in aula”.

Altri democratici preparano forme di protesta diverse: le donne, per esempio, si presenteranno vestite di nero per sostenere le istanze del movimento #metoo (quasi sfidato da Trump, che riconosce, in un’intervista, di “non essere femminista”).

Eppure, in un certo senso, il discorso sullo stato dell’Unione coincide con l’apogeo della presidenza perché da domani Trump e i repubblicani avranno il controllo, oltre che del potere esecutivo e legislativo e della Corte Suprema, della Federal Reserve, la banca federale degli Stati Uniti: oggi, Janet Yellen, presidente della Fed uscente, nominata da Obama, riunisce il consiglio direttivo sotto la sua guida per l’ultima volta, prima di lasciare il posto a Jerome Powell, scelto da Trump.

Il presidente sta lavorando al suo discorso, che ci s’interroga se sarà ‘stile inaugurazione’, apodittico e aggressivo, oppure ‘stile Davos’, formalmente educato e meno ‘politicamente scorretto’ del solito. Trump esalterà i suoi successi, l’economia che cresce, il lavoro che c’è, la riforma fiscale. E parlerà della riforma dell’immigrazione, chiedendo al Congresso i fondi per il muro al confine col Messico, ma aprendo alla cittadinanza per 1,8 milioni di giovani illegali (ben più dei 700 mila cosiddetti ‘Dreamers’). E pure della sicurezza nazionale, con una previsione di spesa per la difesa di 716 miliardi di dollari nel 2019, in aumento del 7%, e un piano per tenere aperto Guantanamo, il carcere della vergogna che Obama avrebbe voluto chiudere (senza però riuscirci).

Su commercio e clima è illusorio intravvedere aperture nelle ultime dichiarazioni di Trump a Davos e alla Itv: frasi di sfida – verso l’Ue – o di circostanza – il ritorno nell’accordo di Parigi subordinato a modifiche pro-Usa -. La politica estera? Il Mondo di Trump è l’America, anzi l’ ‘America first’; e, forse, l’Afghanistan, dove – assicura, ricevendo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – “finiremo quello che dobbiamo finire”.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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