Il 4 marzo si avvicina, le elezioni politiche del 2018 si intravedono all’orizzonte. È normale in questo periodo accendere la televisione o il computer per informarsi e fare la scelta più ponderata possibile.
E dunque, come milioni di italiani in queste settimane, apriamo Google e cerchiamo articoli, dichiarazioni, programmi elettorali. E i risultati di questa ricerca ci lasciano demoralizzati, sebbene non sorpresi. Si, perché da nessuna parte è possibile trovare menzione alcuna di un programma culturale. Nessuno schieramento politico si interessa dell’argomento. Né il PD di Renzi, che si concentra su interventi di risoluzione del precariato e cancellazione della logica del numero chiuso nelle università, né i cinque stelle, con la loro promessa di migliorare l’edilizia scolastica, ridurre il numero di alunni nelle classi e risolvere il problema del precariato, né tanto meno il centrodestra di Berlusconi che non cita alcuno dei summenzionati punti (http://www.corriere.it/politica/cards/proposte-elettorali-leader-annunci-effetto-promesse-irrealizzabili/tante-idee-ma-senza-coperture-certe_principale.shtml).
Comportamento, se non sorprendente, quantomeno strano, considerando che il ministro Franceschini, parlando dei risultati ottenuti dal governo, ha sottolineato come gli investimenti nel campo della cultura abbiano portato ad un aumento degli ingressi in luoghi di valore storico, come il Colosseo, Pompei e gli Uffizi che hanno registrato un notevole incremento di visitatori: 50 milioni di turisti, 200 milioni di euro di guadagno (5 milioni di ingressi e 20 milioni di euro in più rispetto al 2013). Perché allora questo vuoto completo di iniziative e proposte culturali nei programmi elettorali per il 2018?
La risposta è forse da cercare nel sentimento pubblico, nel modo in cui gli investimenti culturali vengo percepiti dai cittadini e in quelle che il popolo considera essere le priorità di un futuro governo. Per la maggior parte degli intervistati, la priorità deve essere il lavoro.
Alla domanda su quale posto assegnerebbe alla cultura in una scala di priorità per il paese (da 1 a 10), le risposte variano tra la sesta e la settima posizione. È evidente come i cittadini percepiscano la cultura come un qualcosa di importante ma “secondario” rispetto ad altre esigenze. Come insegna la piramide dei bisogni di Maslow, se le necessità di base non vengono soddisfatte quelle vicine alla vetta divengono insignificanti. Va tuttavia ricordato che nonostante qualcuno pensi che “con la cultura non si mangia”, questa rimane una voce importante per il bilancio del paese oltre ad essere un patrimonio inestimabile per l’umanità. Con la cultura quindi non solo si può “mangiare”; questa rappresenta anche un’opportunità di crescita, un “cibo per la mente ” come giustamente evidenzia uno spot di qualche anno fa (https://www.youtube.com/watch?v=KZlOliRoelU).
Il Grillo Parlante