Mentre l’apertura d’un corridoio umanitario per migranti tra Libia e Italia dà concretezza all’intento di “combattere l’illegalità per costruire la legalità” – parole del ministro dell’Interno Marco Minniti -, il ministro degli Esteri Angelino Alfano va a Tripoli per confermare l’appoggio al premier libico Fayez al-Sarraj, l’interlocutore politico libico privilegiato dal governo italiano – e pure riconosciuto dalla comunità internazionale -.
Non sono però chiare portata e valenza della missione di Alfano, che giunge a legislatura esaurita, quando gli impegni del ministro hanno un orizzonte temporale limitato, meno di tre mesi, e che coincide con una fase di aggiustamenti delle alleanze e dei rapporti di forza in Libia, quando pare persino che la mediazione dell’Onu sia ora più ben accetta al generale Haftar, uomo forte di Tobruk, che al premier al-Sarraj.
Venerdì, l’arrivo a Pratica di Mare con un C-130 dell’Aeronautica militare italiana di 160 migranti provenienti dalla Libia grazie all’intesa fra Roma, Tripoli, Onu e Cei ha segnato il primo successo d’un approccio umanitario alla questione migranti, il cui impatto complessivo resta però limitato rispetto alle dimensioni del fenomeno. Ormai aperto, il corridoio funzionerà ancora, ma non potrà risolvere, da solo, il dramma di chi, bloccato in Libia o alla stazione di transito di Agadez nel Niger o altrove, aspetta di concludere in Europa il suo viaggio dalla disperazione alla speranza.
Ad al-Sarraj, Alfano ha detto che “l’Italia sostiene con convinzione il quadro istituzionale previsto dall’Accordo di Skhirat – fra l’Onu e alcune fazioni libiche, ndr – ed incoraggia la leadership libica a proseguire sulla via del dialogo politico inclusivo”. Al ministro, il premier ha risposto che ci sono “relazioni privilegiate” che uniscono la Libia all’Italia.
La prima pare una frase in codice: Alfano vuole forse contribuire a disincagliare il processo verso elezioni politiche l’anno prossino. La seconda sarebbe solo un’educata banalità, se al-Sarraj non aggiungesse che il “mancato sostegno di alcune parti agli accordi complica” lo scenario politico e non sollecitasse un “atteggiamento fermo da parte della comunità internazionale contro tutti quelli che cercano di minare l’accordo politico”.
Il premier cerca, insomma, d’arginare un’emorragia di consensi degli interlocutori internazionali. Le elezioni – dice – mirano a “porre fine alla crisi per risolvere pacificamente il conflitto conformemente alla volontà dei cittadini”. L’Alta Commissione elettorale ha iniziato a registrare i nomi degli elettori in vista “del voto, che sarà preceduto dalla ratifica della legge elettorale e dall’organizzazione di un referendum sulla Costituzione”. Un cammino estremamente complesso, che resta difficile credere possa compiersi in pochi mesi.
La visita di Alfano è stata anche l’occasione per celebrare un anno dalla riapertura dell’Ambasciata d’Italia a Tripoli.