La conferenza stampa in cui aveva definito “totalmente false” le accuse mossegli l’aveva voluta fare nella chiesa di cui era pastore, a Louisville: un sermone, più che un’arringa. Poi, mercoledì sera, aveva postato un messaggio su Facebook, chiedendo agli amici di “prendersi cura” della moglie e affermando che “il paradiso è la mia casa”. Poco dopo, s’è ucciso sparandosi con la sua pistola davanti alla sua auto su un ponte lungo una strada poco frequentata di Mount Washington, nella contea di Bullitt, nel Kentucky.
Dan Johnson, 57 anni, deputato repubblicano all’Assemblea di Frankfort, la capitale del Kentucky, è il primo morto suicida “al tempo di #Metoo”, l’ondata di denunce di violenze e molestie sessuali, talora datate di decine d’anni, che sta mettendo sottosopra, negli Usa, il mondo dello showbiz – attori del cinema, anchor della tv, chef star -, da cui è partita, e quello della politica.
Il disagio, di fronte alle dimensioni e alle ramificazioni di #Metoo, le cui protagoniste sono state insignite del titolo di ‘persone dell’anno’ da Time, è palpabile. Chi lo conosceva bene assicura che il suicidio di Johnson è il grido di un innocente piuttosto che la confessione d’uno stupratore.
La moglie di Johnson, Rebecca, che è sempre stata dalla sua parte in questa vicenda, intende ora candidarsi al seggio del marito, eletto nel 2016 per la prima volta, liquidando le accuse mossegli come “falsità totali”. “Dan se n’è andato – ha detto Rebecca -, ma io porterò avanti la sua battaglia … questi linciaggi informatici basati su bugie e mezze-verità non possono spuntarla”.
Una donna accusava Johnson di averla violentata nel seminterrato della propria casa nel 2013, quando lei aveva 17 anni. All’epoca, la polizia aveva già indagato sulla vicenda, senza però giungere a formulare accuse formali. Ma la donna aveva reiterato la propria denuncia lunedì scorso.
Johnson aveva di nuovo respinto tutte le accuse, denunciando anche una strategia di diffamazione per screditare i repubblicani – altri deputati del Kentucky sono oggetto di accuse simili -.
Martedì, Roy Moore, un ex giudice, ha perso le elezioni per un seggio del Senato in Alabama dopo essere stato accusato di violenze e molestie da diverse donne. Ieri, Blake Farenthold, deputato repubblicano del Texas, ha annunciato che non si ricandiderà, dopo essere stato denunciato da una donna del suo staff. E Trent Franks, deputato repubblicano dell’Arizona, ha già abbandonato il suo seggio, pur negando rapporti sessuali con suoi collaboratori.
L’ondata di #Metoo investe ormai il presidente Trump, che in campagna elettorale era stato oggetto di diverse denunce per attenzioni indesiderate. Il senatore del Vermont Berny Sanders, candidato alla nomination democratica per Usa 2016, sostiene che Trump dovrebbe dimettersi
Il suicidio di Johnson non ferma, però, le macchina delle accuse e delle rivelazioni. Alle donne che accusano il produttore Harvey Weinstein, il boss di Hollywood le cui perversioni hanno innescato tutto il caso, s’è aggiunta Salma Hayek, mentre Eataly ha annunciato il suo ‘divorzio dallo chef Mario Batali, oggetto di denunce da parte di quattro donne per “comportamenti inappropriati” protrattasi per vent’anni.