Se n’è andato un ‘giornalista europeo’: per 60 anni, l’Europa è stata la casa, il lavoro e la passione di Ferdinando Riccardi, spentosi a Bruxelles a 89 anni – era nato a Torino nel 1928 -. Affabile, cordiale, spesso ironico, sempre sorridente, colto e preparato, capace di emozionarsi ad un balletto di Maurice Béjart e di palpitare per la sua Juventus, di sostenere il confronto in un dibattito pubblico e di reggere gli scambi su un terreno di tennis, Ferdinando, dopo la scomparsa di Emanuele Gazzo, ‘era’ l’Agence Europe, l’agenzia che dal 1953 accompagna sul fronte dell’informazione il processo d’integrazione europea.
Dagli Anni Novanta, gli editoriali di Riccardi – una paginetta fitta fitta, che nella grafica richiamava i ciclostile d’una volta – sono stati la prima lettura quotidiana di commissari e funzionari europei e di centinaia dei giornalisti accreditati presso le Istituzioni comunitarie. Come, prima, lo erano stati gli editoriali di Gazzo.
E’ una stagione in cui l’Unione va perdendo i protagonisti d’una generazione di grandi europei: uomini di Stato e politici come Helmut Kohl e Simone Veil, funzionari immuni dall’etichetta d’eurocrati come Gerardo Mombelli, giornalisti che hanno raccontato la costruzione europea come Riccardi, con spirito sempre critico, ma anche partecipe di un ideale e di una speranza, mai subordinando l’interesse europeo ai calcoli nazionali – o alle convenienze politiche d’un momento o d’un partito -.
Confidente e ‘suggeritore’ di Grandi dell’Unione
In un messaggio di cordoglio, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker scrive: “È con profonda tristezza che ho appreso il decesso di Ferdinando Riccardi. Tutti quelli che, come me, hanno avuto la fortuna di conoscerlo conservano il ricordo d’un uomo caloroso, di un grande giornalista e di un sostenitore, da sempre, dell’Europa … Ferdinando era un europeista convinto, che ha saputo conciliare con rara efficacia il suo amore per l’Europa e il suo talento di scrittore”.
Figlio del fondatore dell’Agence Europe, Riccardi s’affacciò al giornalismo come corrispondente sportivo, ma dall’apertura, nel 1958, di un ufficio dell’Agence a Bruxelles divenne – scrive Juncker – “osservatore e interprete infaticabile di questa straordinaria avventura europea”.
Prima di Juncker, sono stati confidenti e lettori di Ferdinando Riccardi, attenti a cogliere spunti e intuizioni dei suoi editoriali, altri presidenti dell’Esecutivo comunitario, come, in particolare, Jacques Delors, con cui aveva un rapporto affettuoso di reciproca stima e rispetto, e Romano Prodi, ma anche capi di Stato e di governo, leader politici, ambasciatori e lobbisti di tutte le nazionalità e di tutte le estrazioni.
L’Agence Europe, una storia europea e italiana
La vicenda dell’Agence Europe comincia a Lussemburgo il 12 marzo 1953, in perfetta coincidenza con gli albori della prima Comunità europea, quella del carbone e dell’acciaio, la Ceca, il cui Trattato di Parigi entrò in vigore nel luglio 1952, ma divenne operativo solo l’anno dopo.
Il primo numero era un’intervista di Gazzo, il direttore, a Paul-Henry Spaak, uno dei padri dell’Europa, ministro degli Esteri belga e firmatario dei Trattati di Roma nel 1957.
Il fondatore dell’Agence Europe, il conte Ludovico Riccardi, il padre di Ferdinando, presidente dell’ANSA, e Gazzo intuirono la portata del cambiamento che si stava delineando, quando praticamente nessuno sapeva che cosa si faceva a Lussemburgo – né vi prestava attenzione – e non c’erano corrispondenti di agenzie o di giornali a raccontarlo.
Riccardi padre e Gazzo credevano nel progetto che avrebbe significato per l’Europa la pace più lunga della sua storia e decisero di creare un organo di stampa indipendente da pressioni nazionali che raccontasse la crescita dell’integrazione. Ben presto, il ‘bollettino’, che ha sempre conservato un carattere di servizio, scarno ed essenziale, senza concessioni al sensazionalismo, fu arricchito dall’editoriale quotidiano, prima di Gazzo, scomparso nel 1994 a 86 anni, e poi di Riccardi.
Nuove frontiere dell’informazione europea, stessi valori
Generazioni di giornalisti competenti si sono formate all’Agence Europe. Generazioni di giornalisti sono diventate competenti sull’Europa leggendo l’Agence Europe. Fino agli Anni Novanta, l’arrivo del plico del bollettino, dentro una busta gialla, con carta di colore diverso a seconda della lingua, era il momento della verità per i corrispondenti: l’occasione per capire se avevano capito, se s’erano districati bene nell’ostica materia comunitaria; o per cambiare il tiro, se qualcosa d’essenziale era loro sfuggito.
Nel tempo, la situazione è cambiata, anche dal punto di vista dell’informazione. Oggi, il corpo stampa accreditato presso le Istituzioni comunitarie è il più numeroso al mondo, insieme a quello delle Nazioni Unite, e i documenti dell’Ue sono liberamente disponibili via internet a tutti, cittadini, giornalisti, lobbisti: un flusso di migliaia di pagine difficile da gestire, dove l’essenziale può sempre sfuggire.
E altri media hanno arricchito e animato il panorama dell’informazione europea, puntando, oltre che sui contenuti, sull’innovazione tecnologica. Mentre talora tv e social privilegiavano (e privilegiano) l’affabulazione sulla competenza.
Così, la missione dell’Agence è consapevolmente cambiata: da strumento indispensabile per sapere che cosa fa, o progetta, l’Europa, a strumento indispensabile per orientarsi in tutto quello che fa, o progetta, l’Europa, distinguendo “l’essenziale dall’accessorio” e cogliendo il significato e l’impatto di “accordi e divisioni”, come sta orgogliosamente scritto sul sito.
Senza il sorriso di Fedi. Ma sempre nel segno dei valori europei.