Se la Corea del Nord attacca, sarà distrutta: la missione di Kim è suicida. L’accordo sul nucleare con l’Iran è pessimo e crea imbarazzo. La dittatura socialista in Venezuela è inaccettabile (e ce n’è pure per Cuba). Sostituendo il Venezuela all’Iraq, Donald Trump riesuma, dalla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’asse del male di George w. Bush, figlio del clima ‘post 11 Settembre 2001’. E, come faceva Bush, invita all’unità nella lotta contro il terrorismo, tenendo, però, un discorso dai toni come sempre divisori, segnato dall’ossessione di smantellare l’eredità del suo predecessore Barack – anche in Afghanistan, dove promette un’inversione di rotta, anche se ha appena deciso di rilanciare il conflitto -.
Trump è all’esordio sul palco dell’ Onu e non fa gaffes istituzionali, anche se il tono è sempre quello di ‘ora ti spiego’ e i concetti sono sempre schematici. “Gli Usa – dice – sono forti e pazienti: non ci auguriamo di dovere intervenire, ma se sarà necessario fermeremo Rocket Man”, il nomignolo non proprio istituzionale affibbiato al dittatore nord-coreano.
Il magnate presidente parla per 41 minuti: gli applausi sono radi e poco convinti, la preoccupazione è palpabile. Nel mettere piede al Palazzo di Vetro, Trump, lunedì, era stato meno aspro del solito nei tweet e negli incontri: volontà di lavorare insieme, interesse alla riforma dell’ Onu, ma anche l’ennesima dimostrazione della sua capacità di trarre il meglio dai suoi contatti – un esempio: dalla visita a Parigi il 14 Luglio ha ricavato l’idea di organizzare una parata militare il 4 Luglio -.
Per Trump, il compito era difficile: fare coesistere il suo messaggio ‘America First’ con la missione dell’ Onu che mette al primo posto il Mondo intero. “La politica americana deve essere funzione degli interessi americani”, afferma. Un punto su cui mette i puntini sulle i persino il premier italiano Gentiloni: “Anche l’Italia pensa ai propri interessi, ma serve una regia multilaterale”.
Contrastanti le reazioni suscitate. Entusiasta il premier israeliano Benjamin Netanyahu: “in oltre trent’anni non ho mai sentito un discorso così coraggioso”. Irritata (e sul chi vive) Teheran: “Un tradimento”. Il segretario generale dell’ Onu Guterres constata che “la minaccia nucleare non è mai stata così alta dalla fine della Guerra Fredda”. Il presidente francese Macron smonta pezzo su pezzo il discorso dell’americano e chiude la porta a un rinegoziato dell’Accordo di Parigi sul clima, che l’Amministrazione Trump non intende rispettare.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite è, come ogni anno, crocevia delle crisi internazionali, Libia compresa – lì s’accentra l’interesse italiano -. Sul fronte della Siria, in prima fila c’è la Russia, che proprio oggi chiude le Zapad, massicce esercitazioni militari congiunte con la Bielorussia. Usa e Nato vi vedono un segnale del disegno di Mosca di mettere basi militari lungo i confini con Paesi dell’Alleanza atlantica. Ma le manovre possono pure essere una replica alla provocazione atlantica di collocare avamposti alleati nel Paesi baltici e in Polonia. L’assenza di Putin a New York riduce, però, la visibilità della Russia in questi giorni.
Fra le crisi di cui l’ Onu si occupa, c’è la Birmania, con le persecuzioni di cui soffrono i Rohingya, 400 mila dei quali si sono già rifugiati in Bangladesh. Una missione del Palazzo di Vetro chiede alle autorità birmane “accesso illimitato” alla regione dei Rohingya. La leader birmana, Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, delude le attese e rinnega il suo passato: nega le violenze, afferma ‘Non temo gli osservatori internazionali”.
L’esordio di Trump all’ Onu avviene nel giorno in cui torna a crescergli intorno l’ondata di marea del Russiagate, l’intreccio di contatti tra il suo team ed esponenti del Cremlino prima del voto 2016. Il procuratore speciale Robert Mueller avrebbe scelto – scrive il NYT – una tattica “aggressiva” e s’appresta a incriminare Paula Manafort, l’ex manager della campagna di Trump, la cui casa fu oggetto di perquisizione nel luglio scorso. E la Cnn rivela che Manafort fu oggetto d’intercettazioni prima e dopo le elezioni, anche dopo che Trump era già entrato alla Casa Bianca.