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Ue/Germania, morte Kohl, una lezione d’ottimismo europeo

Scritto per AffarInternazionali.it e pubblicato il 17/06/2017

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Il 5 ottobre 1982, lo stato maggiore del Partito popolare europeo era invitato, a Bruxelles, a casa di Leo Tindemans, presidente del Ppe, ex premier belga, il più votato – un milione di preferenze – alle prime elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo. Erano tutti lì per incontrare e conoscere Helmut Kohl, appena divenuto cancelliere della Repubblica federale di Germania. C’era, per l’Italia, Ciriaco De Mita, allora segretario nazionale della Democrazia Cristiana.

Negli ultimi anni, la Germania aveva avuto il volto politico d’Helmut Schmidt, socialdemocratico e più ‘atlantista’ che europeista, l’uomo degli euromissili, capace però anche d’abbozzare, insieme al liberale francese Valéry Giscard d’Estaing, il primo embrione di una unione monetaria europea, lo Sme.

Da Parigi a Bruxelles, da Mitterrand al Ppe

Kohl arrivò a Bruxelles da Parigi: aveva incontrato il presidente francese François Mitterrand, prima tessera di un mosaico destinato a diventare monumentale nella storia europea.

Prima di ripartire per Bonn, dopo una colazione di lavoro con il premier belga Wilfried Martens, il cancelliere, immediatamente soprannominato dai giornalisti ‘XXL’ per la sua taglia forte, volle recarsi nel palazzo allora sede del Parlamento europeo e intervenire all’ufficio politico del Ppe. Divenne così il primo capo di governo tedesco a visitare il Parlamento europeo.

Kohl fece un discorso “di accento europeista”: cito un dispaccio dell’ANSA di quel giorno – chi scrive era il cronista dell’agenzia presente all’incontro –. “Gli Stati nazionali del XX Secolo devono evolvere verso gli Stati Uniti d’Europa: abbiamo forse indugiato troppo a fare il passo decisivo verso l’Unione europea”.

A chi lo ascoltava – fra gli italiani, oltre a De Mita, c’erano Flaminio Piccoli, Giulio Andreotti, Mariano Rumor, Paolo Barbi e altri -, quell’omone di 52 anni, dal volto rotondo e sorridente, disse di “non lasciarsi impietrire dal pessimismo”, anzi di “guardare avanti con ottimismo”, anche perché “abbiamo già fatto un tratto di cammino importante”.

Quelli contro l’Europa appartengono al passato

Citando grandi europeisti del passato democristiano, Adenauer, Schumann, De Gasperi, ma pure Lutero (“Anche se il mondo dovesse crollare, io continuerò a piantare il mio albero”), Kohl affermò: “L’Europa deve fare un balzo in avanti in questo decennio, se no la nostra generazione avrà fallito la sua occasione”.

Il programma del suo governo, sottolineò, avrebbe avuto “grande attenzione per i problemi dell’Europa”, anche perché “quelli che sono contro l’Europa appartengono al passato”.

A sentirle allora, parole d’ordinanza, magari di circostanza per un leader come De Mita, che commentò, con un pizzico d’ironico scetticismo: “Abbiamo buone relazioni, anzi ottime, perché ci conosciamo ancora poco”. E aggiunse: “Le elezioni in Germania sono nel 1983, da noi si vota nel 1984”, come dire “lui è sicuro di durare un anno, noi di più”.

A rileggerle oggi, subito dopo che Helmut Kohl se n’è andato, a 87 anni, sono parole che paiono profetiche e che inducono alla nostalgia – ve lo immaginate, uno dei tanti leader senza radici e aggressivi di questo decennio parlare con cognizione di causa di Stati Uniti d’Europa? –. Un altro dei colleghi presenti a quell’incontro del 5 ottobre 1982, Antonio Foresi, corrispondente Rai, mi scrive: “Inesorabilmente, un altro pezzo del nostro mondo crolla”.

I tre giganti e l’icona di Verdun

Perché in quel decennio una triade di giganti, Kohl, il presidente francese Francois Mitterrand, eletto l’anno prima, e, dal 1984, il presidente della Commissione europea Jacques Delors traghettarono, con l’Italia a tenere loro bordone, l’allora Comunità economica europea verso l’Unione europea: archiviando il petulante ritornello della premier britannica Margaret Thatcher (“I want my money back”), ancorando alla democrazia europea Spagna e Portogallo, accelerando il completamento del mercato unico e, quando il crollo del comunismo aveva già cambiato dinamiche e geografie del Vecchio Continente, progettando la moneta unica.

Il decennio successivo sarà quello della riunificazione tedesca con il marco dell’Est valutato 1 a 1 con quello dell’Ovest – un’altra visione di Kohl sostenuta da Mitterrand -, dell’attuazione dell’Unione europea e poi della moneta unica, di ulteriori allargamenti. Un tempo di speranza e di fiducia europee, che aveva il suo fondamento e la sua icona nell’immagine di Mitterrand e Kohl, diversissimi per cultura, passato, appartenenza politica, che si tengono per mano a Verdun, uno dei campi di battaglia insensati della Grande Guerra, emotivamente e profondamente accomunati dall’imperativo “Mai più”.

Dei tre giganti, oggi resta solo Delors, che commenta: “Un cittadino dell’Europa ci ha lasciato …. Gli europei devono inchinarsi davanti all’uomo Helmut Kohl e alla sua azione”.

Probabilmente, Kohl, nonostante l’ottimismo, neppure ipotizzava, quel 5 ottobre 1982, che sarebbero successe tante cose tanto in fretta: che lui sarebbe divenuto il più longevo – finora – cancelliere nella storia tedesca e che sarebbe stato protagonista della nascita dell’Unione europea e della riunificazione tedesca.

Anche grazie a lui, la sua generazione non ha fallito la sua occasione.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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