Dopo avere traccheggiato con partner e alleati nella sua missione tra Ue, Nato e G7, Donald Trump s’appresta ha deciso di sfilare gli Usa dall’accordo di Parigi sul clima (Cop 21). Sono per ora indiscrezioni, che né il presidente né l’Amministrazione confermano – ma neppure smentiscono -. “Farò conoscere la mia decisione nei prossimi giorni. Facciamo di nuovo grande l’America” twitta Trump, ripetendo quanto già detto ai Grandi al G7, per tenerli a bagnomaria e non trasformare lo scontro in frattura.
Tutti e quattro gli europei del G7, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e le Istituzioni dell’Ue, all’unisono con Giappone e Canada, chiedono agli Usa di non uscire dall’intesa di Parigi, raggiunta nel dicembre del 2015 e avallata dall’allora presidente Barack Obama. L’abbandono dell’accordo è, quindi, uno sberleffo agli alleati e uno schiaffo al presidente francese Emmanuel Macron, che dava credito a Trump. Se Angela Merkel, e non solo lei, giudicava “insoddisfacente” la discussione sul clima, escludendo accordi al ribasso. Macron era meno drastico: “Gli ho detto – riferiva – che il tema è essenziale per gli equilibri internazionali e la reputazione e gli interessi americani”. Evidentemente, non l’ha convinto.
Il sito web Usa Axios, citando “due fonti vicine all’amministrazione”, scrive con enorme rilievo che “il ritiro dall’accordo di Parigi è la mossa più grossa che Trump possa fare per smantellare il lascito di Obama sul clima. Manda un combattivo segnale a tutto il Mondo che l’America non considera una priorità il cambiamento climatico e che può mandare all’aria l’impatto dell’intesa”. Altri media hanno subito ripreso e rilanciato la notizia, alcuni confermandola con proprie fonti, facendo così salire la temperatura – per ora solo politica e polemica – del Pianeta.
Non è escluso che il momento dell’annuncio, che tradisce indifferenza per le sorti dell’umanità e una visione gretta dell’interesse nazionale, venga scelto per sollevare un polverone mediatico, magari in coincidenza con sviluppi del Russiagate, l’inchiesta sui contatti tra uomini di Trump ed emissari del Cremlino durante la campagna elettorale. L’indagine coinvolge il genero e consigliere del presidente, Jared Kushner, e ha già spinto a dimettersi il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, che ha ora accettato di consegnare alcuni documenti alla Commissione Intelligence del Senato.
Secondo Axios, un team di esperti, con il capo dell’Agenzia per la difesa dell’ambiente Scott Pruitt, noto per le convinzioni negazioniste sul ruolo dei gas serra nel riscaldamento globale e per i legami con l’industria petrolifera americana, lavora a definire i dettagli sul ritiro dell’accordo, nonostante l’opposizione del segretario all’Energia Rick Perry e di persone vicine al presidente come la figlia Ivanka e il genero. Resta da decidere se avviare un ritiro formale – che può richiedere fino a tre anni – o se uscire dal trattato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, una soluzione più veloce ma anche più estrema.
Ratificato da Obama come fosse “un accordo esecutivo”, e non un Trattato internazionale, l’accordo di Parigi, Cop 21, può essere parimenti denunciato da Trump senza l’avallo del Congresso. Gli Usa avevano celebrato la ratifica dell’intesa che riduce le emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra il 3 settembre 2016, insieme alla Cina, prima del G20 di Hangzhou.
Reagendo alle indiscrezioni da Washington, numerose capitali hanno ribadito “fedeltà all’accordo”. Domani, a Bruxelles, nel loro Vertice, Ue e Cina confermeranno il rispetto dell’intesa e forniranno “dettagli su misure d’attuazione concrete”. Il ritiro degli Stati Uniti “non è la fine del mondo”, minimizzano fonti europee. Ma ha senso dire “andiamo avanti con Parigi” senza gli Usa? “Certo sì – risponde Nicolò Sartori, ricercatore capo dello IAI su energia e clima -. Le dinamiche energetiche e industriali innescate dall’intesa rischiano di travolgere l’America, che può trovarsi in difficoltà”.