Nell’agenda dell’Unione, c’è sempre la ruota di scorta di un altro Vertice: i leader dei Paesi dell’Ue devono ancora incontrarsi, oggi, a Roma, e già si sono dati appuntamento il 29 aprile a Bruxelles, per discutere di Brexit, dopo che la Gran Bretagna avrà presentato, il 29 marzo, la richiesta formale di uscire dalla comune; e poi si rivedranno a fine giugno, per discutere d’immigrazione e di riforma del diritto d’asilo.
E oggi a Roma che faranno?, in una città ‘militarizzata’ dalla paura delle istituzioni e dei cittadini e percorsa da manifestazioni, cortei, sit-in, flash-mob, con la marcia per l’Europa colorata e festosa e sicuramente pacifica e con le aggregazioni degli sovranisti di destra di StopUe e degli euroscettici di sinistra per “un’altra Europa”. Fra gli ‘anti’, si temono infiltrazioni di facinorosi violenti – chiamiamoli Black Block, che non vuol dire niente, ma che capiscono tutti -.
Dopo l’ultimo attacco terroristico a Londra, la città ha i nervi a fior di pelle, nonostante le forze dell’ordine mettano in campo 5.000 uomini. Fra le misure di sicurezza annunciate, ad esempio strade e stazioni della metropolitana chiuse, ve ne sono alcune, come l’interdizione – già in atto – dello spazio aereo, destinate a prevenire azioni terroristiche su larga scala, non certo le scaramucce e i tafferugli di strada. Cui, in altri tempi, badavano i servizi d’ordine delle manifestazioni.
Papa Francesco, ricevendo in Vaticano i leader europei, ha loro suggerito che cosa non fare: non perdere la memoria, non piegare gli ideali all’economia. “La solidarietà – ha detto Papa Bergoglio – è antidoto al populismo: basta con l’egoismo”. Il presidente della Repubblica Mattarella, il premier Gentiloni, le Istituzioni europee hanno sciorinato certezze e imperativi: “Ritrovare lo slancio e ripartire da Roma”, come nel 1957 e, più di recente, nel 1990, perché proprio qui la Comunità, cioè la Cee, prese lo slancio per diventare nel 1991 a Maastricht l’Unione, l’Ue.
In parte, l’appello del Papa sarà ascoltato. Federica Mogherini, alto commissario per la politica estera e di difesa, articola così l’agenda romana: assumere i risultati conseguiti – la pace e la libertà di circolazione, in primo luogo -; confermare la volontà di restare insieme; individuare le direzioni del cammino da fare – il lavoro, la difesa, la sicurezza, l’immigrazione -.
Certo, l’Unione che si presenta a Roma perde i pezzi – la Gran Bretagna sta per andarsene – e batte in testa: vive gli strascichi della crisi economica più grave e più lunga del secondo dopoguerra; non trova parata al flusso delle migrazioni; ha perso efficacia e non fa più presa sui cittadini. Ma è senza alternativa: i sovranisti, in linea con lo spirito del tempo, raccontano le loro ‘fake news’, perché smantellare l’Unione e ritornare agli Stati nazionali sarebbe una condanna all’irrilevanza per tutti gli europei e la consegna del Mondo al bipolarismo economico e commerciale Usa – Cina e politico e militare Usa – Russia. E’ agghiacciante la coincidenza tra il Vertice del 60° e gli scodinzolamenti a Mosca della leader del FN Marine Le Pen.
Il fatto, ormai acquisito, che la dichiarazione di Roma avrà in calce le firme di tutti i leader presenti, anche della riluttante premier polacca Beate Szydlo, che minacciava d’astenersi, è apparentemente una buona notizia. In realtà, significa che i passaggi più significativi sono stati smussati a tal punto da renderli quasi impercettibili, dalla volontà di un’Unione “sempre più stretta” alla possibilità che alcuni dei 27 spingano l’integrazione più avanti di altri, con una formula già prevista dai Trattati e con un meccanismo che potrebbe adattarsi, in particolare, al settore della difesa.
Ma Roma è solo una tappa. Come i Vertici a venire. L’Europa trattiene il fiato per i voti in Francia e in Germania. Se ripartirà, lo farà in autunno. Fino ad allora, si contenta di sopravvivere.