Ormai, è quasi un siparietto prevedibile: i media tirano fuori una notizia e la Casa Bianca la cassa, “tutto falso”, ‘fake news’. L’ultimo esempio sono le anticipazioni sulle mosse di Donald Trump contro l’immigrazione clandestina: il dispiegamento di 100 mila uomini della Guardia Nazionale alla frontiera con il Messico, un muro di militari dietro il muro di mattoni da alzare e allungare.
A tirarlo fuori, non sono i soliti giornali ‘nemici’, New York Times e Washington Post, ma l’Ap, massima agenzia di notizie mondiale. “Non è vero, 100% falso”, scrive, naturalmente su Twitter, Sean Spicer, il portavoce della Casa Bianca.
Non è chiaro se il piano sia mai stato oggetto di discussione in seno all’Amministrazione. Spicer insiste che quello citato dall’Ap “non è un documento della Casa Bianca”. Magari, però, esce da qualche altra agenzia governativa: il testo c’è e l’Ap lo mostra.
Accompagnato da echi e strascichi della sua violenta ‘conferenza stampa contro la stampa’, giovedì sera, il presidente Trump riprende il giro di ringraziamento degli elettori: in South Carolina, visita un impianto della Boeing che presenta il suo ultimo jet – e i titoli dell’azienda schizzano in su -; poi in Florida fa un comizio, prima di ritirarsi nel fine settimana nella sua tenuta di Mar-a-lago.
Nel confronto con i giornalisti, il presidente ha denunciato come “false” le informazioni su contatti con la Russia dei suoi collaboratori – informazioni che hanno però condotto alle dimissioni del suo consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn -. Secondo il NYT, Trump era stato invitato dal suo staff ad ammorbidire i toni, anche per evitare di trovarsi in guerra su due fronti, la stampa e l’intelligence – nell’Fbi e nella Cia, c’è chi gli lavora contro -. Lui ha preferito prendersela con 007 e giornalisti, annunciando un’inchiesta sulla fuga di notizie.
Resta pure da completare la squadra di governo. Dopo il ritiro “per scandali” del ministro del lavoro designato Andrew Pudzer, rimpiazzato da Alexander Acosta – un accademico e il primo ispanico nel ‘Trump team’ -, ieri il Senato ha avallato la designazione a capo dell’ambiente di Scott Pruitt, uno che non crede alle responsabilità dell’uomo nel riscaldamento globale.
Più difficile, invece, sostituire Flynn, dopo che il vice-ammiraglio in congedo Robert S. Harward non ha accettato il posto – voleva portarsi alla Casa Bianca i suoi uomini -.
Intanto, invio o meno dei militari alla frontiera con il Messico, il Dipartimento alla Giustizia lavora su una nuova versione del bando degli ingressi negli Usa da sette Paesi musulmani e del blocco dell’accoglienza di tutti i rifugiati. Varando la nuova misura, la Carta Bianca eviterebbe il rischio d’uno smacco alla Corte Suprema, in caso di ricorso contro il verdetto dei giudici d’appello federali di San Francisco, ripristinando il blocco – in attesa di nuovi contenziosi giudiziari -.
Se il presidente è in queste ore concentrato sui fronti interni, i suoi collaboratori cercano di arginare dubbi e ansie di partner e alleati. Nikki Haley, rappresentante degli Usa all’Onu, ‘interpreta’ Trump e assicura il sostegno Usa all’opzione dei due Stati tra israeliani e palestinesi in Medio Oriente. Mentre i segretari di Stato e alla Difesa Tillerson e Mattis sono in Europa, in Germania – Tillerson al G20 di Bonn vede pure Alfano -.