Non si capisce se Trump i muri li costruisca per tenere l’America al riparo dai pericoli o, piuttosto, per chiudercela dentro. Il giro di vite improvviso agli arrivi negli Stati Uniti da sette Paesi islamici, e all’accoglienza dei rifugiati da dovunque essi vengano, suscita proteste negli Usa e nel Mondo, alimenta diffusi sentimenti anti-americani, crea caos negli aeroporti e incertezze nel traffico aereo, apre una stagione di controversie giudiziarie destinate a finire di fronte alla Corte Suprema.
E, intanto, le cronache della guerra al terrorismo registrano il primo caduto Usa dell’era Trump: è un militare rimasto ucciso nel primo raid ordinato dal nuovo presidente, nello Yemen, un Paese dov’è in corso un conflitto per interposte milizie tra Iran e Arabia Saudita e che sta fra i sette messi al bando. Nell’operazione, condotta nella provincia di Baida, sarebbero stati eliminati 14 qaedisti. Oltre a perdere un uomo, gli americani hanno avuto tre feriti.
A New York una giudice federale, Ann M. Donnelly, 57 anni, un profilo che ricorda quello di Nora, il procuratore liberal della serie tv ‘Law & Order’, ha proibito l’espulsione dei migranti già arrivati negli scali americani, accogliendo un ricorso di associazioni a tutela dei diritti civili. Ma nonostante il NYT individui molti elementi costituzionalmente o legalmente deboli nelle misure di Trump, che si articolano in 11 punti principali, la situazione resta complessa. L’ ‘anima nera’ – è proprio il caso di dirlo – dietro le disposizioni sarebbe il molto controverso consigliere speciale Stephen Bannon, un ‘suprematista’ bianco cui il presidente presta molto ascolto.
C’è chi constata che le misure non riguardano i Paesi islamici dove Trump fa affari (o da dove gli sono venuti fondi in campagna elettorale), come Arabia Saudita, Egitto, Turchia, e colpiscono invece quelli dove lui non ha interessi. Lui non arretra d’un passo: “Abbiamo bisogno di frontiere forti e di selezioni rigorose – spiega – per evitare il caos europeo”. Le reazioni europee sono, per il momento, corali e ferme. Angela Merkel denuncia “lo stop ingiustificato” a immigrati e rifugiati e dice che “la lotta al terrorismo non giustifica misure del genere”. Theresa May dichiara il proprio disaccordo. François Hollande chiede che i profughi siano accolti. Paolo Gentiloni e Federica Mogherini insistono sul fatto che l’Ue è una società aperta e che “l’identità plurale” è un pilastro della costruzione europea, che non discrimina.
E il Canada conquista una popolarità che non aveva negli Usa dai tempi della guerra nel Vietnam, quando i renitenti alle leva statunitensi vi trovavano rifugio. Il premier Justin Trudeau sfida Trump postando sui social “Benvenuti in Canada”: le condivisioni del messaggio sono diventate virali. Trudeau apre le porte “a tutti coloro che fuggono da guerre e persecuzioni”.
Le polemiche sul muro anti-Islam soverchiano l’eco delle telefonate che Trump aveva avuto sabato con Vladimir Putin – il rapporto tra Usa e Russia sarebbe ‘alla pari’ e la lotta al sedicente Stato islamico sarà condotta “insieme” -, con Hollande e la Merkel – avrebbero tutti riconosciuto l’importanza della Nato – e con altri leader di Paesi tradizionalmente alleati degli Usa.
Un muro al confine con il Messico per tenere lontani lavoratori di poche pretese; e uno virtuale contro potenziali terroristi islamici. L’ordine esecutivo blocca l’accoglienza dei richiedenti asilo d’ogni nazionalità per 120 giorni e sospende per tre mesi l’ingresso negli Usa per i cittadini di Iraq, Siria, Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen, anche se in possesso di permesso di soggiorno regolare. Chi ha la ‘carta verde’, cioè è quasi cittadino americano, è escluso dalla misura.