E venne il giorno del muro lungo il confine con il Messico e delle prime misure anti-immigrazione. Proprio il giorno che Bana, la bimba siriana divenuta famosa per i tweet da Aleppo sotto le bombe, gli scrive: “Aiuta i bimbi della Siria, perché sono come i tuoi figli e meritano anche loro la pace”.
Bana Alabed è fuggita in dicembre dalla Siria con la famiglia ed ora vive in Turchia. La sua lettera aperta, pubblicata dalla Bbc, è un appello al presidente Usa. Per tutta risposta, lui riduce il numero dei rifugiati che possono insediarsi negli Stati Uniti, in particolare dalla Siria e da altri Paesi islamici.
Il copione è quello cui la prima settimana della presidenza Trump ci ha ormai abituato: prima, anticipazioni di stampa – questa volta, il New York Times -; poi un tweet di conferma; quindi, un’intervista – in tv, alla Abc -; infine, la firma di due ordini esecutivi.
Nella sua frenesia dei cento giorni, Trump spara più di una salva ogni 24 ore: martedì, c’erano stati l’incontro con i leader dell’industria automobilistica, con cui aveva criticato le nome a tutela dell’ambiente, e il via libera a due oleodotti bloccati da Obama, il Keystone e il Dakota, e osteggiati dalle popolazioni.
In Senato, gli uomini del presidente vengono confermati l’uno dopo l’altro – il segretario di Stato Tilleson passa l’esame per il rotto della cuffia -. E Wall Street fa il record, l’indice Dow Jones supera per la prima volta i 20mila punti: l’effetto Trump induce all’ottimismo gli investitori.
Ieri, dal ripostiglio delle promesse elettorali del magnate presidente, è uscito il muro, che era stato un po’ dimenticato. Alla Abc, Trump dice che vuole costruire il muro col Messico immediatamente e conferma che, alla fine, in un modo o nell’altro, sarà il Messico a pagarlo – come e, soprattutto, perché non si capisce -. “Inizieremo appena possibile”, spiega il magnate: lo costruiremo ”appena potremo farlo fisicamente, direi nel giro di mesi, di sicuro il progetto comincerà immediatamente”. Si parla di un progetto limitato nella sua lunghezza, più filo spinato che strutture rigide.
Il solito Trump, impreciso, approssimativo, ma che dà l’idea di fare quel che dice. A giorni, saranno alla Casa Bianca il presidente messicano Pena Nieto e il premier canadese Trudeau, per discutere della revisione della zona di libero scambio nord-americana. Forse, non sarà quella l’occasione migliore per discutere su chi paga il muro: inizialmente, ammette il presidente, saranno spesi soldi dei contribuenti americani, con l’avallo del Congresso. Il Messico li ”rimborserà successivamente con qualsiasi transazione facciamo”, ”in qualche forma, forse in una forma complicata”. Insomma, come non lo sa neppure lui, ma in fondo non importa: basta credere che sia vero. ”Quello che stiamo facendo è positivo per gli Usa e sarà positivo per il Messico. Vogliamo avere un Messico molto stabile, molto solido”.
La firma degli ordini esecutivi sul giro di vite alle norme anti-immigrazione coincide con una visita al Dipartimento della Sicurezza interna creato da Bush jr dopo l’attacco dell’11 Settembre 2001. Trump la mette giù così: “Gran giorno per la sicurezza nazionale. Tra l’altro, costruiremo il muro!”.
La Casa Bianca conferma le novità su immigrazione e sicurezza dei confini e il ripristino dei metodi d’interrogatorio della Cia per i presunti terroristi autorizzati Bush jr e proibiti da Obama: vere e proprie torture, denuncia Amnesty. Il portavoce Spicer spiega che saranno creati più spazi detentivi lungo il confine, che cesserà la politica di Obama del “catch and release” (cattura e libera) e che non saranno più concessi fondi alle cosiddette ‘città santuario’, quelle che proteggono gli illegali. Rischia pure New York: il sindaco De Blasio è considerato da Trump troppo generoso con gli immigrati.