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Usa: Obama libera Manning, Trump lo critica, Assange svicola

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/01/2017

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Se Barack Obama avesse ridotto la pena a Chelsea Manning per ‘impaniare’ Julian Assange, avrebbe già dovuto pentirsene. Ma di sicuro non l’ha fatto con quella mira. Piuttosto, non gli sarà dispiaciuto misurare l’irritazione e il dispetto del suo successore Donald Trump, che ha giudicato la decisione “deludente”.

Rovesciando la frittata, come fa sovente, il biondino di Wikileaks che s’è fatto ripetutamente beffe dell’intelligence americana e che ha pure messo lo zampino negli hackeraggi russi anti-Hillary in campagna elettorale, non intende ora consegnarsi alle autorità statunitensi, come s’era impegnato a fare due giorni or sono.

La scusa – spiega un avvocato del giornalista australiano, Barry Pollack – è che Assange chiedeva per Manning, la prima ‘talpa’ di Wikileaks, la grazia e la scarcerazione immediata, mentre Obama gli ha ridotto la pena da 35 anni ai sei già scontati e ha deciso che esca di prigione il 17 maggio.

Troppo poco per Assange, che se ne resta chiuso nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, negandosi alla giustizia svedese, che lo vuole processare per violenza sessuale, oltre che a quella statunitense. Troppo per Trump e i suoi, che, però, non potranno rovesciare la decisione di Obama, per quanto “deludente” essa sia – la definizione è di Sean Spicer, futuro portavoce di Trump alla Casa Bianca -. Mike Pence, il vice-presidente eletto, dichiara alla Fox che Manning è un traditore e che commutare la sua condanna è stato un errore.

Obama entra nella storia come il presidente che ha concesso più grazie. Secondo la Casa Bianca, 1.385 detenuti durante i due mandati della sua presidenza sono stati scarcerati o si sono visti ridurre la pena. E, oggi, Obama intende concedere la grazia a oltre cento altri individui: nessuno di famoso, tutta gente condannata al carcere a vita o che rischia di morire in prigione. Il presidente vuole così trasformare il suo congedo in un inno alla ‘second chance’, un mantra americano.

Bradley Manning, oggi Chelsea Elizabeth, una donna di 29 anni, era un soldato di appena vent’anni, analista dell’esercito in Iraq, quando decise di dare a Wikileaks documenti che avrebbero permesso di smascherato abusi e menzogne dei militari americani durante i conflitti in Afghanistan e in Iraq. Condannato a 35 anni per avere trafugato decine di migliaia di documenti riservati ed averli passati a WikiLeaks, Bradley, il giorno dopo la sentenza, manifestò l’intenzione di cambiare sesso e iniziò una battaglia legale, condotta pure con uno sciopero della fame, per vedersene riconosciuto il diritto.

La grazia non è arrivata invece per Edward Snowden, la talpa dell’Nsa, che non aveva però affidato a Wikileaks i suoi segreti. Snowden non ha fatto richiesta formale di grazia alla Casa Bianca, ma altri l’hanno chiesta per lui. Però, l’analista dell’Nsa, a differenza di Manning, non ha mai mostrato pentimento e non ha passato un solo giorno in prigione: riceve asilo politico dalla Russia, che glielo ha appena prorogato per due anni. Avrà presto i requisiti per richiedere la cittadinanza russa: se dipendesse da Obama, potrebbe restare a Mosca il resto dei suoi giorni; con Trump, però, l’atteggiamento verso Assange e Snowden, entrambi buoni amici di Putin, potrebbe cambiare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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