Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/08/2016
Cinque estati dopo, caccia-bombardieri Usa tornano a bombardare in Libia: l’obiettivo, questa volta, non sono le roccaforti e i soldati del regime di Muammar Gheddafi, ma postazioni libiche del sedicente Stato islamico. L’annuncio viene dal Pentagono, specificando che l’operazione è stata lanciata su richiesta del governo libico del premier Fayez al Serraj. L’esecutivo è stato messo su dalla comunità internazionale e deve essere ancora legittimato dai parlamenti libici, pur essi a legittimazione debole; ma il suo operato viene preso per buono perché così fa comodo.
Dopo l’annuncio del Pentagono, al Serraj diligentemente conferma, parlando in tv e facendo una conferenza stampa: “I primi raid aerei americani su specifiche postazioni dell’Is sono stati condotti causando gravi perdite su Sirte”. Il governo di Tripoli “ha chiesto agli Stati Uniti sostegno diretto per condurre attacchi aerei contro lo Stato islamico a Sirte e nei dintorni della città”. Al Sarraj ha pure precisato che il suo governo “respinge qualsiasi intervento straniero senza la sua autorizzazione”. E ci mancherebbe! Del resto, è stato messo lì proprio per chiedere gli interventi e autorizzarli.
Il Pentagono non ha specificato da dove siano decollati i jet che hanno bombardato Sirte. Ma non dovrebbero essere partiti dall’Italia, perché il governo di Roma ha sempre specificato che le operazioni offensive devono essere esplicitamente avallate volta a volta. I aid non si fermeranno qui: “Proseguiranno”, ha affermato il portavoce Peter Cook.
L’azione è stata autorizzata dal presidente Barack Obama, su raccomandazione dei vertici del Pentagono Al Serraj ha insistito che i raid sono stati coordinati con il suo governo e ha ribadito che non ci sono truppe straniere in Libia. Dichiarazione però smentita dai fatti, poiché è accertata la presenza di forze speciali francesi: tre commando di Parigi sono stati uccisi il 17 luglio quando l’elicottero su cui si trovavano venne abbattuto vicino a Bengasi. E da tempo si parla di forse speciali americane, britanniche e pure italiane, la cui presenza sul territorio è assolutamente necessaria in caso di raid – si tratta di individuare gli obiettivi e di dirigervi sopra le missioni -.
Il premier libico ha garantito che l’impegno degli americani sarà “limitato nel tempo e non andrà oltre Sirte ed i suoi sobborghi”. Ma le lezioni del passato insegnano che è difficile mantenere i limiti fissati a queste operazioni.
Positive le reazioni italiane. In una nota della Farnesina, si legge che “l’Italia valuta positivamente le operazioni aeree avviate oggi dagli Stati Uniti … a Sirte. Esse avvengono su richiesta del Governo di Unità Nazionale, e a sostegno delle forze fedeli al Governo, con l’obiettivo comune di contribuire a ristabilire la pace e la sicurezza in Libia”. La nota ricorda che “l’Italia incoraggia dalla sua formazione il Governo di Unità nazionale a realizzare le iniziative necessarie per ridare stabilità e pace al popolo libico”.
L’Italia apprezza gli sforzi di al Serraj e delle forze a lui fedeli per sconfiggere il terrorismo, in particolare l’operazione Bunyan al Marsous per liberare la Sirte dai jihadisti. Il sostegno italiano a tale operazione s’è finora concretizzato in forme diverse negli ultimi mesi, specie attraverso “operazioni umanitarie per la cura dei feriti e a beneficio delle strutture sanitarie del Paese”.
Non è detto che vi sia nesso tra i due eventi, ma l’inizio dei raid coincide con l’annuncio, da parte del governo, della “riapertura senza condizioni” dei porti petroliferi orientali che erano sotto il controllo delle guardie petrolifere di Ibrahim Jadhran.