Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano lo 03/06/2016
Metti in tavola l’Europa una sera, con Emma Bonino e qualche giornalista ed esperto che hanno idea di che cosa si parla. E ti rendi conto, se già non ne eri conscio, che, dopo la crisi economica e quella dei migranti, entrambe affrontate male, l’Unione è più fragile che mai: le concessioni già fatte alla Gran Bretagna, se dovessero costituire un precedente, “prefigurano una ‘Ue à la carte’”, dove ognuno prende e fa solo quel che gli interessa; e l’uscita di Londra, se tale dovesse essere l’esito del referendum del 23 giugno, rischia di segnare la chiusura del ‘ristorante Europa’, cioè “la disintegrazione istituzionale”.
Accade ai microfoni di Radio Radicale, Spazio Transnazionale, per iniziativa di un bravo collega, Francesco De Leo. Già ministro degli Esteri e del Commercio internazionale e agli Affari europei, commissario europeo, la Bonino, europeista e federalista, anche dove e quando dirlo sembra quasi una parolaccia, non fa sconti sulle carenze dell’Unione. “La crisi dei rifugiati è la più grave che l’Europa abbia mai affrontato, peggiore di quella finanziaria degli ultimi anni, perché tocca l’essenza dell’Ue”; eppure, “non c’è nessun dibattito serio su che cos’è una politica d’accoglienza e d’integrazione” e ci si limita ad andare “da un Vertice all’altro senza una politica strutturale”.
Per fermare i populismi che avanzano in Europa e non solo, serve “una leadership che racconti un’altra storia e che sappia fare emergere i costi della mancanza d’integrazione”, che non sono solo economici: “con una nuova narrazione” della costruzione europea, “è possibile innescare una presa di coscienza dell’opinione pubblica”, che oggi, di qua e di là dell’Atlantico, risponde, invece, alle facili sollecitazioni di showman e demagoghi (“Mi arrendo e alzo le braccia di fronte al dibattito politico negli Stati Uniti: non capisco il sostegno a Donald Trump”). E non è affatto scontato che la capacità di arrestarsi sull’orlo dell’abisso, cioè di evitare di consegnare il potere agli xenofobi e ai populisti, manifestatasi in Francia e in Austria, valga per il futuro.
Utilizzando una formula radicale, la Bonino dice che “bisogna sapere essere impopolari, per non essere anti-popolari”; e invoca quel “coraggio necessario” che i leader europei oggi non hanno (“Ho sentito il presidente Obama e papa Francesco difendere l’Unione”).
Con partner e alleati esterni, come la Turchia, l’Egitto, le monarchie del Golfo, che spesso sono doppiogiochisti, che non rispettano i valori e i diritti, che si mettono su la foglia di fico della lotta al terrorismo per reprimere l’opposizione interna e così creano più integralisti di quanti non ne combattano, l’Europa – dice la Bonino – non può chiudersi nella pretesa di dialogare solo con chi ha le carte in regola, ché ben pochi sarebbero i suoi interlocutori, ma deve dialogare con tutti senza sudditanze né censure: “Sembriamo sempre questuanti e la storia si ripete, veliamo le statue quando arriva Rohani, montiamo la tenda per Gheddafi, paghiamo la Turchia perché si tenga i migranti e chiudiamo gli occhi sui diritti umani”.
Certo, ci sono in gioco pure interessi economici, ma non solo nostri, anche loro. E, infatti, “non credo che Erdogan romperà l’accordo con l’Ue sui migranti, dopo la risoluzione del Bundestag sul genocidio armeno”, un po’ perché l’intesa serve anche ad Ankara e un po’ perché la Merkel è stata più cauta dei deputati. E, poi, in fondo, “condannare le azioni terribili” di un secolo fa è meno scomodo che “mettere il dito sulle repressioni attuali”.