Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/02/2016
Una missione navale della Nato nel Mare Egeo: deve fronteggiare la crisi dei migranti, intercettare gli scafisti, salvare vite a repentaglio nei viaggi della speranza. Non è la prima volta che l’Alleanza s’impegna in un’azione umanitaria, ma è la prima volta che lo fa sul proprio territorio.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, al termine di due giorni di consulti al quartier generale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles, chiarisce che non ci saranno navi italiane: “Non ce l’hanno neppure chiesto”, perché le unità italiane sono già impegnate nella missione anti-pirateria al largo della Somalia, nella missione Eunav for Med e – sul fronte migranti – nella missione nazionale Mare Sicuro “molto impegnativa”: “Stiamo già facendo la nostra parte, nella lotta al terrorismo e nel contrasto agli scafisti”.
La missione navale, il Gruppo marittimo Nato 2, una unità tedesca, una turca e una canadese, sotto comando tedesco, salperà immediatamente alla volta dell’Egeo. E gli aerei della Nato compiranno missioni di sorveglianza e intelligence, per monitorare il flusso dei migranti e collaborare con le Guardie costiere di Grecia e Turchia.
E’ la risposta dell’Alleanza alla richiesta di Turchia, Grecia, Germania di dare una mano a gestire l’emergenza: una risposta più celere, se non più efficace, di quelle dell’Unione europea, che ha tempi di decisione – e d’attuazione delle decisioni – farraginosi e che mette più zelo nel mostrare cartellini gialli a Italia, Grecia e altri Paesi invece che nell’attuare i ricollocamenti dei rifugiati. Aiuta, però, la Nato il fatto che la Turchia ne faccia parte, mentre è fuori dall’Ue.
L’Italia dà un giudizio positivo della missione nell’Egeo, ma non è soddisfatta: vuole che l’azione anti-scafisti dell’Alleanza nel Mediterraneo si allarghi alla Libia: si tratta di ampliare il mandato dell’operazione Active Endeavour, già in corso. La richiesta è condivisa da Spagna, Portogallo e dalla stessa Grecia.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg spiega che “l’obiettivo è aiutare Grecia, Turchia ed Ue a fare fronte al flusso di profughi e migranti”. Non si tratta cioè di respingere o mandare indietro le persone soccorse in mare, anche se, oltre l’intento umanitario, c’è quello di colpire – dice il capo del Pentagono Ashton Carter: “la rete del crimine organizzato”. Diversi altri Paesi atlantici sono disposti a fornire unità per la missione.
La mobilitazione atlantica è un buon segno, mentre l’Unione dei 28 stenta a trovare coesione: così, la Germania proroga di tre mesi i controlli alle frontiere interne, mentre il ‘ministro degli esteri’ Ue Federica Mogherini ripete che “ognuno deve fare la sua parte” e il presidente Mattarella avverte che “non basta deviare il traffico”. La presidente della Camera Laura Boldrini è oggi e domani in visita a Cipro e a Lesbo, l’isola simbolo dell’ultima fase di questa tragedia.
Intanto, il presidente turco Erdogan ha di nuovo respinto gli appelli internazionali, specie dell’Onu, perché Ankara apra i confini alle decine di migliaia di rifugiati siriani (50 mila per la Croce Rossa) in fuga dalla battaglia di Aleppo: “Non abbiamo scritto ‘idioti’ sulla fronte”, dice Erdogan; e minaccia di spedire i profughi in altri Paesi. La Turchia si ritrova oltre due milioni di rifugiati siriani sul proprio territorio e avrebbe già speso 10 miliardi di dollari, contro 455 milioni offertile dall’Onu. Ma Erdogan fa i conti senza i tre miliardi di euro appena concessi dall’Ue.
Sempre in Turchia, è cominciato il processo a due sospetti trafficanti siriani di esseri umani, che sarebbero responsabili del naufragio in cui morirono il piccolo Aylan e altre quattro persone. La foto del bimbo riverso esanime innescò una svolta nell’attenzione verso i migranti dell’opinione pubblica europea.